Furio Colombo. 19/07/07. «Qual è la politica estera italiana?», ha chiesto il 18 luglio l’Ambasciatore di Israele Gideon Meir, rispondendo con una domanda a una domanda del Corriere della Sera.
Ho posto la stessa domanda alla Commissione Esteri del Senato nel pomeriggio del giorno 17. La ragione di questo interrogarsi ansioso e tutt'altro che tranquillizzante, è stata provocata da una dichiarazione del ministro degli Esteri Massimo D'Alema nel corso di una Festa de l’Unità.
D’Alema ha detto: «Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese. Hamas è un movimento popolare. Hamas è stato democraticamente eletto. Per l'Occidente non riconoscere un governo democraticamente eletto non è una grande lezione di democrazia».
Come si vede il tema è il Medio Oriente, i rischi della pace, la nuova e pericolosa condizione creata dalla spaccatura violenta avvenuta in modo sanguinoso (200 morti) fra Hamas e Al Fatah, che erano parte di un governo di unità nazionale. E, alla fine, il pericolo è per la sopravvivenza di Israele e la possibilità che ci sia mai, dopo questo drammatico percorso, uno Stato palestinese. E' chiaro a tutti ormai, che senza Israele non ci sarebbe mai stata neppure la rivendicazione di uno Stato palestinese (Giordania ed Egitto si erano già attribuite parti del territorio che avrebbe dovuto diventare Palestina). E senza la permanenza stabile e sicura di Israele e del suo “diritto alla pace” (parole di Prodi nel suo recente viaggio) non ci sarà mai alcuna patria dei palestinesi ma soltanto guerra senza fine.
Per questo ieri “Sinistra per Israele” ha detto in un comunicato: «Stupore per la presa di posizione del ministro degli Esteri e vice Presidente del Consiglio nel governo dell’Ulivo». È lo stesso stupore da me espresso alla Commissione Esteri del Senato e a cui il ministro ha risposto impegnandosi a parlare alle Camere sulla posizione Italiana in Medio Oriente il 24 luglio prossimo. Sarà, speriamo, un contributo di chiarezza lungo un percorso complicato e difficile in cui le cose dette e fatte in Israele dal presidente Prodi non sembrano coincidere con la recente affermazione del ministro degli Esteri. Resta comunque grande sia il rischio di sopravvivenza di Israele sia l'eventualità che, ancora una volta, i palestinesi siano usati dai nemici giurati di Israele come materiale sacrificabile pur di far danno e - se possibile - di “cancellare” quel Paese, secondo il proclama lanciato al mondo, dal presidente dell’Iran Ahmadinejad.
Può essere utile rivedere alcune ragioni.
1. Hamas è una organizzazione che è stata eletta sulla base di un programma di guerra, terrorismo e distruzione di Israele. Siamo sicuri che saremmo altrettanto gentili se il governo di uno Stato europeo fosse democraticamente eletto sulla base dell’impegno di mettere a ferro e fuoco lo Stato vicino? Non è per evitare simili pericoli che sono nate ed esistono ancora le Nazioni Unite?
2. Del programma terroristico e negazionista di Hamas si è detto: sono solo parole, linguaggio di disperati. Si è detto: diamo tempo e spazio e i leader di Hamas si dimostreranno statisti. Con questa speranza il presidente palestinese Abu Mazen aveva dato vita con Hamas ad un governo di unità nazionale. Ma Hamas, con un durissimo e improvviso colpo militare, ha fatto strage degli alleati palestinesi di Al Fatah, uccidendo lì casa per casa, e ha conquistato per sé la striscia di Gaza.
3. Il ministro degli Esteri italiano è stato il primo, un anno fa, a vedere il pericolo Hezbollah e a dare inizio alla costituzione di una efficace forza di pace ONU fra Libano e Israele, dopo la guerra dell’altra estate. La domanda è come sia possibile, un anno dopo, mentre tutti i pericoli intorno a Israele sono intatti, che lo stesso ministro si faccia sostenitore di un riconoscimento di Hamas senza chiedersi se l’evento “elezioni democratiche” che ha stabilito la prevalenza di Hamas, non sia stato sovvertito e cancellato dalla violenta e sanguinosa occupazione della striscia di Gaza e dallo sterminio, in poche ore, di tutti gli avversari politici e di molti innocenti. Possibile che una simile prova di violenza spietata non faccia differenza?
4. Il ministro degli Esteri italiano ha mostrato molte volte di saper lavorare cautamente a questioni complesse e pericolose in cui il lavoro diplomatico è simile alla paziente prudenza di chi cerca di disinnescare pericolose trappole esplosive.
Quale può essere oggi - dopo la visita di Prodi a Gerusalemme e la inequivocabile prova di sostegno dell'Italia alla democrazia israeliana - il senso della dichiarazione di fiducia verso Hamas da parte del ministro D'Alema mentre Hamas continua a confermare il suo impegno di distruzione di Israele, insieme a Hezbollah e al potente sponsor della fine di Israele, il Presidente iraniano? Quale può essere, in un difficile lavoro diplomatico svolto finora con attenzione ed esperienza, una improvvisa dichiarazione di preferenza per la più pericolosa delle parti in gioco? Dobbiamo pensare che il ministro D’Alema vorrà spiegare, chiarire, se necessario correggere, il più presto possibile.
Ho posto la stessa domanda alla Commissione Esteri del Senato nel pomeriggio del giorno 17. La ragione di questo interrogarsi ansioso e tutt'altro che tranquillizzante, è stata provocata da una dichiarazione del ministro degli Esteri Massimo D'Alema nel corso di una Festa de l’Unità.
D’Alema ha detto: «Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese. Hamas è un movimento popolare. Hamas è stato democraticamente eletto. Per l'Occidente non riconoscere un governo democraticamente eletto non è una grande lezione di democrazia».
Come si vede il tema è il Medio Oriente, i rischi della pace, la nuova e pericolosa condizione creata dalla spaccatura violenta avvenuta in modo sanguinoso (200 morti) fra Hamas e Al Fatah, che erano parte di un governo di unità nazionale. E, alla fine, il pericolo è per la sopravvivenza di Israele e la possibilità che ci sia mai, dopo questo drammatico percorso, uno Stato palestinese. E' chiaro a tutti ormai, che senza Israele non ci sarebbe mai stata neppure la rivendicazione di uno Stato palestinese (Giordania ed Egitto si erano già attribuite parti del territorio che avrebbe dovuto diventare Palestina). E senza la permanenza stabile e sicura di Israele e del suo “diritto alla pace” (parole di Prodi nel suo recente viaggio) non ci sarà mai alcuna patria dei palestinesi ma soltanto guerra senza fine.
Per questo ieri “Sinistra per Israele” ha detto in un comunicato: «Stupore per la presa di posizione del ministro degli Esteri e vice Presidente del Consiglio nel governo dell’Ulivo». È lo stesso stupore da me espresso alla Commissione Esteri del Senato e a cui il ministro ha risposto impegnandosi a parlare alle Camere sulla posizione Italiana in Medio Oriente il 24 luglio prossimo. Sarà, speriamo, un contributo di chiarezza lungo un percorso complicato e difficile in cui le cose dette e fatte in Israele dal presidente Prodi non sembrano coincidere con la recente affermazione del ministro degli Esteri. Resta comunque grande sia il rischio di sopravvivenza di Israele sia l'eventualità che, ancora una volta, i palestinesi siano usati dai nemici giurati di Israele come materiale sacrificabile pur di far danno e - se possibile - di “cancellare” quel Paese, secondo il proclama lanciato al mondo, dal presidente dell’Iran Ahmadinejad.
Può essere utile rivedere alcune ragioni.
1. Hamas è una organizzazione che è stata eletta sulla base di un programma di guerra, terrorismo e distruzione di Israele. Siamo sicuri che saremmo altrettanto gentili se il governo di uno Stato europeo fosse democraticamente eletto sulla base dell’impegno di mettere a ferro e fuoco lo Stato vicino? Non è per evitare simili pericoli che sono nate ed esistono ancora le Nazioni Unite?
2. Del programma terroristico e negazionista di Hamas si è detto: sono solo parole, linguaggio di disperati. Si è detto: diamo tempo e spazio e i leader di Hamas si dimostreranno statisti. Con questa speranza il presidente palestinese Abu Mazen aveva dato vita con Hamas ad un governo di unità nazionale. Ma Hamas, con un durissimo e improvviso colpo militare, ha fatto strage degli alleati palestinesi di Al Fatah, uccidendo lì casa per casa, e ha conquistato per sé la striscia di Gaza.
3. Il ministro degli Esteri italiano è stato il primo, un anno fa, a vedere il pericolo Hezbollah e a dare inizio alla costituzione di una efficace forza di pace ONU fra Libano e Israele, dopo la guerra dell’altra estate. La domanda è come sia possibile, un anno dopo, mentre tutti i pericoli intorno a Israele sono intatti, che lo stesso ministro si faccia sostenitore di un riconoscimento di Hamas senza chiedersi se l’evento “elezioni democratiche” che ha stabilito la prevalenza di Hamas, non sia stato sovvertito e cancellato dalla violenta e sanguinosa occupazione della striscia di Gaza e dallo sterminio, in poche ore, di tutti gli avversari politici e di molti innocenti. Possibile che una simile prova di violenza spietata non faccia differenza?
4. Il ministro degli Esteri italiano ha mostrato molte volte di saper lavorare cautamente a questioni complesse e pericolose in cui il lavoro diplomatico è simile alla paziente prudenza di chi cerca di disinnescare pericolose trappole esplosive.
Quale può essere oggi - dopo la visita di Prodi a Gerusalemme e la inequivocabile prova di sostegno dell'Italia alla democrazia israeliana - il senso della dichiarazione di fiducia verso Hamas da parte del ministro D'Alema mentre Hamas continua a confermare il suo impegno di distruzione di Israele, insieme a Hezbollah e al potente sponsor della fine di Israele, il Presidente iraniano? Quale può essere, in un difficile lavoro diplomatico svolto finora con attenzione ed esperienza, una improvvisa dichiarazione di preferenza per la più pericolosa delle parti in gioco? Dobbiamo pensare che il ministro D’Alema vorrà spiegare, chiarire, se necessario correggere, il più presto possibile.
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