sabato 29 settembre 2007

High Court orders state to reconsider freeze on family unification in the West Bank and Gaza

B'Tselem, 24/09/07. The State of Israel will inform its High Court of Justice within sixty days if it will change its policy on family unification in the West Bank and Gaza . Currently, the authorities do not consider any requests made by Palestinians in these areas to live with their foreign spouses. In the hearing held yesterday [24 September], Justices Beinisch, Rubinstein, and Fogelman strongly criticized the policy, which has been in force for seven years, and ordered the state to submit an additional response, which may include a change in the policy. The petitioners' attorney, Yossi Wolfson, of HaMoked: Center for the Defence of the Individual, pointed out that the apparatus for forwarding requests for family unification and visitor's permits from the Palestinian Authority to the Israeli authorities exists, and that the freeze results from the Israeli Civil Administration's refusal to receive these requests. The petitioners also argued that the right to family life is a fundamental and universal right under both Israeli and international law, and that Israel has frozen this right for seven years.

The hearing dealt with four petitions filed by HaMoked: Center for the Defence of the Individual on behalf of families in which one of the spouses is a resident of the West Bank or Gaza and the other is a foreigner. Since the beginning of the second intifada, Israel has frozen family unification in these cases. In addition, Israel has ceased issuing visitor's permits, which enabled families to live together legally in the West Bank and Gaza . As a result of the freeze policy, the foreign spouses of Palestinians, mostly women, have faced a cruel choice: leave the Occupied Territories and not be allowed to return to their spouses and children, or stay illegally and not be able to see their parents, siblings, and other relatives living in their native land. Many chose to remain in the West Bank and Gaza, and have thus been sentenced to a life of fear and constant threat of deportation; the problems inherent in moving in the West Bank without any valid identity document virtually makes them prisoners in their own homes and villages.

Because of the important principles involved, eight other human rights joined HaMoked as petitioners in this case.

Video testimonies of women from the former USSR married to residents of the Territories
http://www.youtube.com/watch?v=8ZjzRKfe2KU

Video testimonies of a Jordanian citizen married to a resident of the Territories
http://www.youtube.com/watch?v=et2muVDhIrY

Cabinet decision will impose collective punishment on a civilian population, lead to grave breach of International Law

B'Tselem, 20/09/07. Seven Israeli human rights organizations jointly warn that yesterday's Cabinet decision to limit the electricity and fuel supply to the Gaza Strip and to further restrict movement in and out of Gaza will exacerbate the existing humanitarian crisis there. In addition, the sanctions constitute a grave breach of the foremost principle of international humanitarian law: the obligation to distinguish between combatants and civilians. In addition, the decision is liable to constitute a violation of one of the absolute prohibitions of international law: the ban on collective punishment. The coalition believes that these sanctions will also not prevent armed groups from launching rocket attacks on Israeli communities.

The Israeli Cabinet's claim that the proposed sanctions will not affect the humanitarian situation in the Gaza Strip is false. Limiting the electricity supply will drastically reduce the functioning capacity of hospitals and health clinics. In addition, limited electricity will reduce Gaza 's water pumping system, and will cripple its sewage system and water supply. Thus, the Cabinet's decision not to cut Gaza 's water supply is not a humane gesture because the other sanctions will effectively diminish it in any case.

The human rights organizations urge the Cabinet to reverse its decision to impose collective punishment on the Gaza Strip – a grave violation of international humanitarian law.

The coalition of human rights groups consists of: The Association for Civil Rights in Israel; Bimkom – Planners for Planning Rights; B'Tselem – the Israeli Information Cent e r for Human Rights in the Occupied Territories; Gisha: Legal Center for Freedom of Movement; HaMoked: The Center for the Defense of the Individual; Physicians for Human Rights; The Public Committee Against Torture in Israel.

La demolizione di case


February 22, 2005 - The destruction of a seven-story house in a-Tur neighbourhood, in East Jerusalem. The building, which belonged to the Harhish and Qursh families, was demolished on 22 February 2005, on the grounds that it was built without a permit.
Photo credit: Kareem Jubran, B'Tselem


Uruknet, 27/09/07, da MIFTAH, Tradotto da Gianluca Bifolchi (Tlaxcala). Il 10 Giugno 1967 il governo israeliano distrusse il quartiere marocchino nella Città Vecchia di Gerusalemme Est per rendere più facile l'accesso al Muro Occidentale. Dopo che l'esercito israeliano emise l'ordine di evacuazione per gli abitanti del quartiere due ore prima dell'inizio della demolizione, un ordine che non arrivò a tutti, 135 case furono demolite insieme a due moschee e ad altri siti. 650 residenti rimasero senza casa, e molti altri morirono sotto il crollo della propria casa. Questa demolizione non fu la prima nei Territori occupati, ma fu quella che segnò l'inizio di una lunga lotta contro la demolizione illegale di case da parte delle forze di occupazione israeliane.


Dal 1967 nei territori occupati palestinesi sono state demolite 18.000 case per tre principali ragioni: la punizione collettiva, e le ragioni cosiddette operative o amministrative.

La demolizione ebbe inizio prima del 1967 da parte del mandato Britannico per espellere i Palestinesi dalle loro case. Segue una breve storia della demolizione di case in Palestina:

- Anni 30: L'amministrazione britannica in Palestina usa la demolizione di case come mezzo punitivo contro le proteste indigene verso il dominio britannico.

- 1936-1939: le autorità britanniche demoliscono più di 5.000 case palestinesi.

- 1948: il nuovo stato d'Israele inizia a demolire le case dei rifugiati palestinesi per impedire il loro ritorno. Più di 125.000 case, alcune delle quali danneggiate durante la guerra, vennero sistematicamente distrutte in un processo a cui ci si riferiva come "cleaning up the national views" ["repulisti delle opinioni nazionali" -- ndt].

- Anni 50: Israele espelle i Palestinesi dalle aree di frontiera e dai villaggi dove parte della popolazione palestinese era rimasta dopo la guerra, e demolisce le case palestinesi.

- 1967: la distruzione di blocchi abitativi durante la guerra incluse 373 case a Imwas, 535 a Yalu, 550 case a Beit Nuba, circa 135 case nel quartiere marocchino della Città Vecchia di Gerusalemme, 1000 case a Qalqilya, in aggiunta a migliaia di case a Beit Marsam, Beit Awa, Jiftlik, e al-Burj, come anche nei campi profughi dell'area di Gerico e nella Striscia di Gaza.

- Anni 70 e 80: Israele demolisce più di 10.000 rifugi per i profughi della Striscia di Gaza per creare il cosiddetto corridoio di sicurezza tra il sud della Striscia di Gaza e il Sinai, e per ampliare le strade usate dalle pattuglie dell'esercito israeliano nei campi profughi. Le demolizioni erano anche parte di una campagna per mandare via dai campi con la forza i rifugiati.

- 1993-2000: Israele demolisce più di 1000 case nei territori occupati palestinesi.

- 2003: Israele continua a demolire case palestinesi all'interno d'Israele. Le demolizioni delle case dei Beduini nel Naqab (Negev) aumentano di otto volte. Più di 100 case vengono demolite. Altre 280 case vengono distrutte nella Galilea e nel Triangolo. In totale vengono distrutte più di 500 case. Gli ordini di demolizione finora sono stati di 12.000 in Galilea e circa 30.000 nel Negev.

- La demolizione di case procede.


Pretesti con cui viene giustificata la demolizione di case

Punizione collettiva:


Il governo israeliano usa la demolizione di case come punizione collettiva in risposta ad attacchi a Israele; le famiglie degli attaccanti o le persone sospettate di aver condotto attacchi, come anche i loro vicini, o in qualche caso l'intero quartiere, sono soggetti a questa violazione dei diritti umani. In base alla Quarta Convenzione di Ginevra alla potenza occupante è proibito distruggere proprietà o ricorrere alle punizioni collettive. L'Articolo 53 prevede: "Ogni distruzione da parte della potenza occupante di proprietà appartententi a gruppi o persone è proibita". Secondo l'organizzazione per i diritti umani israeliana B'Tselem il 47% delle case demolite come punizione collettiva non appartenevano agli attentatori o ai sospetti attentatori, ma erano solo case adiacenti alle loro. Inoltre, solo il 3% di tutti gli occupanti delle case demolite erano stati preventivamente avvertiti che le loro case e quelle adiacenti sarebbero state abbattute.

Prima che la politica di punizione collettiva per mezzo della demolizione di case venisse ripresa durante la seconda Intifada (al-Aqsa), le demolizioni venivano compiute solo dopo l'emissione di un ordine militare. In base alla legge israeliana l'ordine di demolizione va notificato alla famiglia e la famiglia può fare appello al comando militare entro 48 ore. Anche se l'appello è respinto, alla famiglia deve essere permesso di rivolgersi all'Alta Corte prima che la casa sia demolita. In realtà, questo non accade quasi mai. Durante l'attuale Intifada, Israele ha considerato la demolizione di case come un imperativo militare, per cui la maggior parte delle demolizioni di case hanno avuto luogo di notte, senza alcun avviso preventivo o ordine di demolizione.

Operazioni militari:

La seconda ragione fornita dal governo israeliano per la demolizione di case è di tipo operativo e prese piede durante le operazioni militari chiamate "operazioni di pulizia". In base alle leggi umanitarie internazionali, la distruzione di proprietà durante il combattimento non è illegale in quanto tale. La distruzione è proibita a meno che non vi sia una necessità assoluta. E' stato comunque osservato che le operazioni su larga scala di demolizione di case civili nel nome di necessità militari a seguito di attacchi contro gli Israeliani suggeriscono qualcos'altro. Gaza, più che qualsiasi altro posto in Palestina, è diventata il teatro di queste azioni e false giustificazioni. Miloon Khotari, un'osservatore speciale delle Nazioni Unite, parlando a Diakonia in reazione all'attacco di Israele a Beit Hanoun l'8 Novembre 2006, ha detto: "Dal 25 Giugno 2006, data della più recente incursione israeliana nella Striscia di Gaza, ho continuato a ricevere rapporti allarmanti sui deliberati attacchi da parte delle forze di Israele risultanti in distruzione di case, proprietà civili e infrastrutture nella Striscia di Gaza, e creato insicurezza e traumi pricologici.
Such acts have a devastating impact on civilians particularly, women and children, and create insecurity and psychological trauma. Pertanto, questi sfratti forzati e ingiustificabili distruzioni costituiscono violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani, guerra e norme umanitarie. Il diritto internazionale proibisce severamente la distruzione di proprietà pubblica o privata nel corso di operazioni militari, quando non è assolutamente necessario". Dall'inizio della sollevazione al 2004, 14.852 palestinesi sono rimasti senza tetto per le operazioni di Israele.

Politiche amministrative:

La giustificazione più frequente per la demolizione di case a Gerusalemme Est e all'interno di Israele ha a che fare con ragioni amministrative. Il governo Israeliano demolisce case nell'area C (Aree della Palestina sotto controllo civile e militare israeliano) per la mancanza di permessi di costruzione anche se a Gerusalemme Est e all'interno d'Israele è quasi impossibile per i palestinesi ottenere permessi di costruzione. Il colonnello Shlomo Politus, consigliere legale dell'esercito israeliano, ha detto al parlamento israeliano nel giugno del 2003 che: "... non ci sono più permessi di costruzione per i Palestinesi", e il portavoce dell'esercito israeliano ha detto nel 1999 ai delegati di Amnesty International: "La nostra politica è di non rilasciare licenze per l'area C [della West Bank]". Le case vengono demolite perché Israele vuole espandere gli insediamenti israeliani nella West Bank, e creare fatti permanenti sul terreno. Secondo B'Tselem le case palestinesi vengono demolite in base a questa giustificazione per tre esigenze:

- Costruzione di bypass stradali: servono a permettere il movimento dei coloni e delle forze militari che proteggono gli insediamenti. Le case vicine a un bypass stradale esistente o da costruire sono destinate alla demolizione.

- Evacuazione dei Palestinesi dalle aree adiacenti agli insediamenti israeliani: le autorità israeliane hanno sempre distrutto strutture palestinesi percepite come ostacoli allo stabilimento o all'espansione di insediamenti israeliani. La prossimità delle case agli insediamenti ovviamente non viene presentata come ragione ufficiale per la loro demolizione.

- Per impedire trasferimenti di terra ai Palestinesi: Israele demolisce le case in aree su terra che vuole riservare a se stesso negli accordi per lo status finale. Perseguendo una simile politica, Israele sta impedendo all'Autorità Palestinese di richiedere quelle terre in base alla presenza di residenti palestinesi. La demolizione di case è un comodo espediente per l'espulsione della gente da quelle aree.

Le forze israeliane stanno ancora distruggendo case in grande numero dietro pretesti e false giustificazioni per servire lo scopo generale dello stato sionista di sradicare e scacciare quanti più Palestinesi possibile dalla loro terra, e costruire ancor più insediamenti illegali. Secondo recenti statistiche di B'Tselem, negli ultimi due anni (2006-2007) solo nella West Bank 165 case sono state demolite lasciando 724 persone senza tetto, e tra il 2004-2005 solo a Gerusalemme Est 300 case sono state distrutte lasciando 939 persone senza tetto. La demolizione di case ha un duro impatto sul popolo palestinese, colpendo l'economia e l'agricoltura e causando gravi traumi ai bambini, alle donne e agli uomini vittime di questo crimine di guerra.


Fonti:
Amnesty International
B'Tselem
Diakonia
Electronic Intifada - A history of destruction Report, BADIL, May 18 2004
ICAHD
POICA


Articolo originale pubblicato il 24 settembre 2007
http://www.miftah.org/Display.cfm?DocId=14882&CategoryId=4

Tradotto dall'inglese da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala ( www.tlaxcala.es ), la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale : è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne l'autore e la fonte.


Palestinian captives revolt against IOA humiliating policies in jails

The Palestinian Information Center, 28/09/07. "Jail conditions of the Palestinian captives from Gaza Strip are indeed tragic and unfortunate as they are denied family visits even for receiving new dresses for their families", the lawyer of the Nafha society that caters for Palestinian captives and ex-prisoners' affairs affirmed after meeting with a number of Palestinians in the Israeli Ashkilon prison..

The lawyer also quoted the captives as complaining of "quality and quantity" of the food offered to them in the jail, affirming that most of the time the prisoners refrain from getting their food being rotten and inedible.

More than 210 Palestinian captives, including secretary of the PA legislature and Hamas's legislator Dr. Mahmoud Al-Ramahi among other captives, were locked in the
in the the said jail.

La guerra ai bambini di Gaza

ariannaeditrice.it, 28/09/07. Originale da: Los Angeles Times Come conseguenza delle sanzioni israeliane, una intera generazione di Palestinesi di Gaza sta venendo su in maniera distorta: fisicamente e nutrizionalmente distorta perché non c'è abbastanza da mangiare; emozionalmente distorta per la pressione rappresentata dal vivere in una prigione virtuale affrontando continuamente la minaccia di essere distrutti o cacciati via; intellettualmente e accademicamente perché non riescono a concentrarsi -- o, nel caso che ci riescano perché stanno cercando di studiare in circostanze che nessun bambino dovrebbe conoscere. Anche prima che Israele questa settimana dichiarasse Gaza "territorio ostile" -- evidentemente per preparare il terreno al taglio delle ultime forniture di combustibile o elettricità per un milione e mezzo di uomini, donne e bambini -- la situazione era terribile. Un numero crescente di famiglie palestinesi a Gaza non sono in grado di fornire ai propri bambini che un solo e povero pasto al giorno, per lo più riso e lenticchie bollite. Frutta fresca e verdure sono fuori dalla portata di molte famiglie. Carne e pollame sono carissimi. Gaza si affaccia sulle ricche acque del mediterraneo, ma il pesce è inesistente nei suoi mercati per le limitazioni poste dalla marina israeliana ai movimenti dei pescatori. "L'idea", dice Dov Weisglass, un consigliere del governo israeliano, "è mettere i Palestinesi a dieta, ma non farli morire di fame".


Come risultato del blocco da parte di Israele della maggior parte delle importazioni ed esportazioni, e di altre politiche rivolte a punire la popolazione, circa il 70% della forza lavoro di Gaza non ha un impiego, secondo le Nazioni Unite, e circa l'80% dei suoi abitanti vive in condizioni logoranti. Circa un milione e 200 mila persone dipendono ora per la loro sopravvivenza su forniture umanitarie di cibo da parte delle Nazioni Unite o altre agenzie internazionali, senza cui, come dice Kirstie Campbell del World Food Program, "conoscerebbero l'inedia".


Come risultato dell'assedio, a Gaza non mancano solo le stoffe per fare abiti e altri beni essenziali, ma anche la carta, l'inchiostro ed altre cose necessarie a scuola. Un terzo dei bambini di Gaza ha iniziato l'anno scolastico senza i necessari libri di testo. John Ging, il direttore per Gaza dell'UNRWA (l'agenzia ONU per i rifugiati palestinesi), le cui scuole si prendono cura di 200.000 bambini a Gaza, ha avvertito che i bambini arrivano a scuola "affamati e incapaci di concentrarsi".

Israele sostiene che le sue politiche a Gaza hanno lo scopo di esercitare pressione sulla popolazione palestinese perché questa faccia a sua volta pressione su quelli che lanciano razzi artigianali da Gaza sulla città israeliana di Sderot. Questi attacchi con razzi sono sbagliati. Ma è anche sbagliato punire una intera popolazione per le azioni di pochi -- azioni che gli studenti di Gaza e i loro genitori sotto assedio non sono in grado di fermare.

Si tratta di una violazione del diritto internazionale per punire collettivamente più di un milione di persone per qualcosa che non hanno fatto. Secondo la Convenzione di Ginevra, di cui è un paese firmatario, Israele ha l'obbligo di assicurare il benessere delle persone su cui ha scelto di imporre un'occupazione militare da più di quarant'anni.

Invece ha calpestato la legge. Ha ignorato le ripetute richieste del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ha reagito sprezzantemente alla decisione della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aya. Ciò che John Dugard, osservatore speciale per i diritti umani delle Nazioni Unite nei territori occupati, definisce "l'accortamente orchestrato" strangolamento di Gaza -- agli occhi di un mondo indifferente -- è esplicitamente parte di questa strategia. "L'idea", dice Dov Weisglass, un consigliere del governo israeliano, "è mettere i Palestinesi a dieta, ma non farli morire di fame".

Tradotto da Gianluca Bifolchi

Originale da: Los Angeles Times

Articolo originale pubblicato il 22 settembre 2007

Saree Makdisi is a professor of English literature at UCLA and the author of "Palestine Inside Out: An Everyday Occupation," forthcoming from Norton.

Gianluca Bifolchi è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

URL di questo articolo su Tlaxcala:
http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=3768&lg=it


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L'Arsenale Nucleare Americano sarà "sorvegliato" da Israele

comedonchisciotte. org, 28/09/07. I sostenitori di Israele in America sono stati felici di apprendere che una compagnia israeliana – la Magal Security Systems, parzialmente di proprietà del governo israeliano – è ora a capo della sicurezza delle principali installazioni di difesa nucleare e dei magazzini per lo stoccaggio degli armamenti degli Stati Uniti. Questo vuol dire che il governo israeliano avrà di fatto il controllo sulla sicurezza delle armi nucleari americane. I sostenitori di Israele diranno che questa è una splendida idea, poiché si dice che Israele sia il migliore alleato dell’America sulla faccia del pianeta. Tuttavia esistono alcuni criticoni a cui non sembra opportuno che la sicurezza del super-sensibile arsenale nucleare americano sia nelle mani di una nazione straniera, soprattutto Israele il quale, a tutt’oggi, continua a negare ufficialmente di essere impegnato nella fabbricazione di armi nucleari.

La Magal, oggi la più grande azienda del mondo nel settore della sicurezza, aveva iniziato come divisione della Israeli Aircraft Industries (IAI) che era controllata in parte dal governo di Israele. Tuttavia, negli ultimi anni, la Magal è diventata una compagnia a capitale pubblico, benché la IAI (e quindi il governo israeliano) detenga ancora una quota consistente delle azioni di questa azienda di grande successo.

Comunque sia, gli interessi globali della Magal sono piuttosto variegati. Dopo aver garantito la sicurezza del 90% dei confini israeliani, attraverso un sistema a largo raggio di tecnologia ultramoderna, la Magal si è ramificata a livello internazionale.

Non solo la Magal si occupa della sicurezza delle installazioni nucleari americane, ma svolge lo stesso compito per la gran parte delle installazioni nucleari dell’Europa Occidentale e dell’Asia. Inoltre, l’azienda israeliana garantisce la sicurezza dell’aeroporto O’Hare di Chicago e negli ultimi quindici anni ha fornito i sistemi di sicurezza per il celebre Buckingham Palace londinese, residenza della regina Elisabetta. In più, la Magal fornisce apparati di sicurezza al 90% delle carceri americane dotate di sistemi elettronici. La Magal si vanta che i suoi clienti in giro per il mondo gli hanno appaltato: confini, aeroporti, siti industriali, centri di comunicazione, installazioni militari, centri di detenzione, agenzie governative, proprietà e residenze dei VIP, edifici commerciali e magazzini di stoccaggio.

Non esiste grande paese o grande azienda che non abbia qualche specialista della Magal che tiene d’occhio le sue attività.

Ovviamente la Magal non è una piccola azienda. Se il 27% del suo fatturato è sul mercato israeliano, il suo più ampio mercato è quello americano, che corrisponde attualmente al 35% delle sue vendite.

Tuttavia, si prevede che la presenza della Magal in America sia in procinto di estendersi, visto che l’azienda ha aperto una sede a Washington, DC, che servirà a promuovere i suoi prodotti presso le agenzie federali e i membri del Congresso che sovrintendono al finanziamento dei progetti di sicurezza a supervisione federale ad ogni livello: locale, statale e nazionale.

E poiché l’attuale capo della Homeland Security americana, Michael Chertoff, è non solo un incallito sostenitore di Israele, ma anche figlio di una donna che con Israele ha forti legami – compreso un impiego presso la El Al, la compagnia aerea israeliana – la Magal, parzialmente di proprietà delle Israeli Aircraft Industries, sarà chiaramente favorita dagli appaltatori di Washington, che hanno il potere di assegnare lucrosi contratti per la sicurezza.

Attualmente la Magal possiede quattro consociate negli Stati Uniti: due in California, la Stellar Security Products, Inc. e la Perimeter Products Inc., una con sede a New York, la Smart Interactive Systems, Inc., infine la Dominion Wireless, Inc. con sede in Virginia.

A conti fatti, l’azienda israeliana controlla il 40% del mercato mondiale dei sistemi di rilevamento di violazione perimetrale e sta lavorando per espandere le proprie attività nel settore della protezione degli oleodotti.

Si dice che la Magal sia anche interessata alla sorveglianza dei corsi d’acqua di tutto il mondo e particolarmente degli Stati Uniti. In effetti, la Magal sta accarezzando l’idea di ottenere il monopolio della sorveglianza delle risorse idriche americane.

Il 19 luglio l’Agenzia per la Protezione Ambientale dell’amministrazione Bush ha annunciato una partnership con il Ministero delle Infrastrutture israeliano per migliorare ciò che essi chiamano “la sicurezza del sistema di rifornimento idrico degli Stati Uniti e d’Israele”. Essendo la Magal così rinomata in Israele, si può facilmente immaginare che sarà lei a occuparsi della sorveglianza delle risorse idriche americane.

Michael Collins Piper è corrispondente della American Free Press e autore di "The New Jerusalem:Zionist Power in America", "The High Priests of War," e di "Final Judgment", in cui viene studiato nei dettagli il ruolo del Mossad nella cospirazione per l’assassinio di JFK.

Versione originale:

Fonte: http://kavkazcenter.com
Link: http://kavkazcenter.com/eng/content/2007/09/26/8910.shtml
26.09.07

Versione italiana:
Fonte: http://blogghete.blog.dada.net
Link: http://blogghete.blog.dada.net/post/596219/SIAMO+FOTTUTI#commentil
28.09.07

Traduzione a cura di GIANLUCA FREDA

giovedì 27 settembre 2007

Israeli Occupation Forces (IOF) Continue Systematic Attacks on Palestinian Civilians and Property in the Occupied Palestinian Territory (OPT)

PCHR Weekly Report: On Israeli Human Rights Violations in the Occupied Palestinian Territory, 20-26/09/07.
  • 13 Palestinians, including a child, were killed by IOF in the Gaza Strip.

  • 5 of the victims were extra-judicially executed by IOF.

  • 47 Palestinians, including 12 children and a journalist, were wounded by IOF.

  • 30 of these Palestinians, including 6 children, were wounded by IOF in Beit Hanoun.

  • IOF shelled space areas and agricultural lands in the Gaza Strip.

  • IOF conducted 33 incursions into Palestinian communities in the West Bank and 4 ones into the Gaza Strip.

  • IOF arrested 85 Palestinian civilians in the West Bank and 4 ones in the Gaza Strip.

  • IOF razed 258 donums[1] of agricultural land and demolished 23 houses in the Gaza Strip.

  • IOF destroyed 2 apartment buildings in Nablus and the neighboring ‘Ein Beit al-Maa’ refugee camp.

  • IOF used a Palestinian civilian as a human shield in ‘‘Ein Beit al-Maa’ refugee camp.

  • IOF transformed 3 houses in the West Bank into military sites.

  • IOF have closed the Ibrahimi Mosque in Hebron during the holy Ramadan Month for 3 sporadic days.

  • IOF have continued to impose a total siege on the OPT.

  • IOF have isolated the Gaza Strip from the outside world and a humanitarian crisis has emerged.

  • Palestinian civilians from the West Bank and the Gaza Strip have been denied access to the al-Aqsa Mosque in Jerusalem.

  • IOF troops arrested 5 Palestinian civilians at checkpoints in the West Bank.

  • IOF have continued settlement activities in the West Bank and Israeli settlers have continued to attacks Palestinian civilians and property.

  • Israeli settlers attacked a Palestinian child in Hebron and 2 paramedics in Bethlehem.

  • An Israeli settler stabbed a Palestinian civilian in Jerusalem.

Summary

Israeli violations of international law and humanitarian law continued in the OPT during the reporting period (20 – 26 September 2007):

Shooting: During the reporting period, IOF killed 13 Palestinians, including a child, and wounded 47 others, including 12 and a journalist, in the West Bank and the Gaza Strip.

In the Gaza Strip, IOF killed 13 Palestinians and wounded 31 others.

On 20 September 2007, IOF killed 4 Palestinians, including 2 civilians, during an incursion into Gaza Valley village in the central Gaza Strip. The head of one of the victims was crushed by an IOF bulldozer as he fell in front of it when he was wounded. IOF also arrested 2 Palestinian civilians, including a wounded one. On 26 September 2007, IOF killed 4 Palestinians, including 3 civilians, in Beit Hanoun town in the northern Gaza Strip. In addition, 30 Palestinians, mostly civilians, were wounded. On the same day, IOF extra-judicially executed 5 members of the Army of Islam in Gaza City.

In the West Bank, 16 Palestinian civilians, including 6 children and a journalist, were wounded by IOF. Twelve of these civilians were wounded during the IOF offensive against ‘Ein Beit al-Maa’ refugee camp, west of Nablus. The other 4 civilians were wounded when IOF used forced to disperse a peaceful demonstration organized by Palestinian civilians and international and Israeli human rights defenders in protest to the construction of the Annexation Wall in Bal’ein village, west of Ramallah.

Incursions: During the reporting period, IOF conducted at least 33 military incursions into Palestinian communities in the West Bank. During those incursions, IOF arrested 85 Palestinian civilians, including 12 children. Thus, the number of Palestinians arrested by IOF in the West Bank since the beginning of this year has mounted to 2,042.

In the Gaza Strip, IOF conducted 4 incursions into Palestinian communities in the Gaza Strip. On 20 September 2007, IOF moved into Gaza Valley village in the central Gaza Strip. During this incursion, IOF killed 4 Palestinians. They also razed 90 donums of agricultural land and demolished 14 houses. On 20 and 21 September 2007, IOF moved into al-Shouka village, east of Rafah. During this incursion, they razed 111 donums of agricultural land and arrested 2 Palestinian civilians. On 25 September 2007, IOF moved into al-Fukhari area in Khan Yunis. They razed 57 donums of agricultural land and 5 houses. On 26 September 2007, IOF moved into Beit Hanoun town in the northern Gaza Strip. This incursion is still ongoing.

Restrictions on Movement: On Wednesday morning, 26 September 2007, IOF imposed a total siege on the OPT. IOF have continued to impose a tightened siege on the OPT and imposed severe restrictions on the movement of Palestinian civilians in the Gaza Strip and the West Bank, including occupied East Jerusalem.

Gaza Strip

IOF have imposed a strict siege on the Gaza Strip. They have closed its border crossings as a form of collective punishment against Palestinian civilians.

IOF have closed Rafah International Crossing Point, even though they do not directly control it. They have prevented European observers working at the crossing point form reaching it. IOF had already closed Rafah International Crossing Point following an armed attack against an IOF military post in Kerem Shalom area, southeast of Rafah, on 25 June 2006. The crossing point had been partially reopened for short, sporadic periods to allow few numbers of Palestinian to travel through it. The crossing point has been completely closed since Hamas’ takeover of the Gaza Strip and the withdrawal of Palestinian security forces from the crossing point. There are approximately 6,000 Palestinians held at the Egyptian side of the border awaiting to return to their homes in the Gaza Strip. Most of them have run out of money and are living on assistance. In addition, 19 of them have died in Egypt. The bodies were returned to Gaza through the Karm Abu Salem (Kerem Shalom) crossing. In addition, thousands of travelers were allowed to return to the Gaza Strip through al-Ojah crossing, 8 kilometers southeast of Rafah. From there, they were transported to Erez Checkpoint to enter the Gaza Strip. IOF have also closed commercial crossings, especially al-Mentar (Karni) crossing. IOF have continued to close Erez crossing in the northern Gaza Strip. Hundreds of thousands of Palestinians from the Gaza Strip have been prevented from traveling through this crossing.

West Bank

IOF have continued to impose severe restrictions on the movement of Palestinian civilians to and from Jerusalem. Thousands of Palestinian civilians from the West Bank and the Gaza Strip have been denied access to the city. IOF have established many checkpoints around and inside the city. Restrictions of the movement of Palestinian civilians often escalate on Fridays to prevent them from praying at the al-Aqsa Mosque. IOF often violently beat Palestinian civilians who attempt to bypass checkpoints and enter the city. IOF have imposed additional restrictions on the movement of Palestinian civilians in the city since the beginning of the holy Ramadan Month on Thursday, 13 September 2007. Although IOF claimed that they would ease the restrictions on access to holy sites in the city during the Ramadan Month, but they reinforced their presence at various checkpoints on the roads leading to the city. In Hebron, IOF have closed the Ibrahimi Mosque for 3 sporadic days since the begging of the Ramadan Month.

IOF have tightened the siege imposed on Palestinian communities in the West Bank. They have isolated Jerusalem from the rest of the West Bank. IOF positioned at various checkpoints in the West Bank have continued to impose severe restrictions on the movement of Palestinian civilians. IOF also erected more checkpoints on the main roads and intersections in the West Bank. During the reporting period, IOF arrested 5 Palestinian civilians at checkpoints in the West Bank.

Settlement Activities: Israeli settlers living in the OPT in violation of international humanitarian law have continued to attack Palestinian civilians and property. During the reporting period, Israeli settlers attacked a Palestinian child in Hebron and 2 paramedics in Bethlehem. An Israeli settler also stabbed a Palestinian civilian in al-Malha area, southwest of Jerusalem.

Israeli Violations Documented during the Reporting Period (20 – 26 September 2007)

Land of Israel Loyalists Arrested for Planning New Towns

Hillel Fendel, IsraelNationalNews, 26/09/07 14 Tishrei 5768. Plans are well underway to build five new outpost communities in Judea and Samaria - though police have arrested three of the alleged planners. "We remain loyal to Eretz Yisrael. We are renewing the Zionist-Jewish pioneering spirit, and remain firm in insisting that Eretz Yisrael is ours!"

Over two dozen special-unit and regular policemen burst into the homes of three Land of Israel activists this morning (Wednesday) in Hashmonaim, near Kiryat Sefer and Modiin. The three Jews - two 40-year-olds and one 20-year-old - were arrested on suspicion of planning the construction of a new settlement in Judea and Samaria (Yesha).

The police also confiscated items such as orange hats (orange being the color of the Land of Israel movement), bumper stickers and T-shirts promoting settlement in Yesha. The most common slogan: "Eretz Yisrael (Land of Israel) - We Continue With Our Heads Held High."

Datia Yitzchaki, formerly of Gush Katif and now of Gush Etzion, denounced the arrests as "the worst form of silencing dissent," and called on Public Security Minister Avi Dichter and Justice Minister Daniel Friedmann to investigate the incident. She said the arrests would "only encourage the activities of everyone who cares about the future of the country."

Five New Towns in the Works
The day before, the Land of Israel Loyalists held a press conference in Jerusalem at which they announced their plans to establish five new communities in Judea and Samaria this Sunday, the third day of Chol HaMoed (the Intermediate Days) of the Sukkot holiday. Presenting the plans were long-time Yesha pioneers Rabbi Moshe Levinger of Hevron and Daniella Weiss of Kedumim, representatives of the families who plan to settle the five hills, and others.

The five towns slated to be built, if the government does not interfere, are:
* Shvut Ami in western Shomron, near Kedumim
* Harhivi [Expand, based on Isaiah 54: "Expand the place of thy tent... for thou shalt break forth both right and left...] in eastern Shomron, near Elon Moreh
* Nofei Hashmonaim in Binyamin, near Kiryat Sefer and Modiin
* Eitam, near Efrat in Gush Etzion
* Maalot Halhoul, in Judea near Hevron

For more information on the planned kick-off points for the five new towns, click here.

Some 20 rabbis of Gust Etzion are signed on a proclamation in favor of the five-pronged ascent to the new sites on Sunday. The rabbis say that just as in this holiday season, we go from "strength to strength" - from Rosh HaShanah to Yomi Kippur to Sukkot -

"we must also go from strength to strength regarding the commandment of settling the Land of Israel - a commandment that is equal to all the others in the Torah. We must go from one strength, namely, the communities and towns that have already been built in the Land, to the next strength - i.e., the hilltops whose construction and development are being held up for various strange reasons. These reasons stem primarily from the weakness of our [government] leadership, and also from a failure to see the reality religiously, politically and demographically."
The rabbis specifically mention the point of struggle in their own area:
"The Eitam Hill is Efrat's largest land reserve. The delays in building it retard Efrat's development and prevent the formation of a bridge connecting all parts of Gush Etzion. Our vacillation, and the delays in construction, cause the Arabs [and Peace Now - ed.] to constantly petition the Supreme Court [against us].

"Our response is: 'Some by Supreme Court petitions, and some by terrorist attacks, but we - in the Name of the L-rd our G-d will call!" [based on Psalms 20,8] - the G-d Who has commanded us to come and inherit the land that He promised Abraham, Isaac and Jacob and their descendants after them..."

Similarly, the leaders of the drive to make Eitam Jewish released a flyer stating the following:

"The hill belongs to Efrat, but is being stolen from us, de facto, by the political [partition] fence. Eitam connects eastern and western Gush Etzion. Handing it over to the Arab enemy will endanger all of Gush Etzion and Jerusalem. It is crucial to come and take an active part in settling the hill. As the Prime Minister and the enemy concoct their dangerous plans, we come with other plans:

  • They want to destroy - we come to build.
  • They want to expel - we come to expand.
  • The government wants to give away the Land of Israel - we remain loyal to Eretz Yisrael.
  • They are denying our Jewish and Zionist principles, and have embraced a philosophy of appeasement and capitulation to the enemy - we are renewing the Zionist-Jewish pioneering spirit, and remain firm in insisting that Eretz Yisrael is ours!"

FM aL-Faisal: Israel should freeze settlement activities to attract Arabs to peace

Rami Almeghari - IMEMC & Agencies. Saudi Arabia Foreign Minister, Saud aL-Faisal, believed that if Israel wants Arabs to be attracted to peace, it should freeze settlement activities and halt construction of the separation barrier (Apartheid Wall) in the occupied West Bank. aL-Faisal told reporters on Wednesday in the UN in New York, where he is attending an annual UN general assembly gathering, that Arab countries should not be expected to take part in a planned Washington-based peace conference, unless Israel freeze’s settlement activities.

However, the Saudi crown prince believed that the planned conference means that there is an international diplomacy that is intended at reviving peace in the region.

"There is a sense that there is something new happening, and this is encouraging if it is going to prove right," the minister was quoted as saying.

“What we have been looking forward is tackling the final status issues, the important issues and not the partial ones”, he added.

Washington said Saudi Arabia, Qattar, Jordan, Egypt, Lebanon and Syria are natural invitees to the conference, yet no official invitations have been sent.

Syrian foreign minister, Walid Almoualem, who is also attending the UN gathering, said that “if the goal was not to bring just and comprehensive peace in the region... I believe that attending that meeting would be a risk." .

The Washington-proposed conference on Middle East peace will be held in November, in the framework of international diplomacy to end the Arab-Israeli conflict on basis of peace for land formula.

Saudi FM calls ME summit 'encouraging'

jerusalem post, 27/09/07. Saudi Arabia's foreign minister described as "encouraging" his talks with US officials about a proposed Mideast peace meeting, but stressed that success will be determined by commitments to tackle key final status issues, not whether Arab countries agree to attend. He reiterated that the onus also lies on the Israelis to show their commitment to a comprehensive settlement and that they are willing to take confidence-building measures such as freezing settlement building in Palestinian areas. "It will be curious for (Palestinian) President Abbas and the prime minister of Israel to be talking about peace and the return of Palestinian land while Israel continues to build more settlements," he said. "At least, a moratorium on the building of settlements will be a good signal to show serious intent. The important elements of peace is that Israel has to make peace" with the Palestinians, Lebanon and Syria, not Saudi Arabia. "Recognition comes, but comes after peace, not before peace".

Pressed about what it would take for the Saudis to attend, al-Faisal argued that it was the United States, not the kingdom, that carried sway with Israel, and described as "a little bit strange" the notion that Saudi participation would make Israel more willing to come.

"We have the experience of Madrid," he said, referring to the landmark 1991 peace conference which Saudi Arabia attended as observers. "We attended every international meeting that came out of the Madrid process ... and did that bring peace?"

"It changed nothing of the position of Israel whatsoever. On the contrary, it diverted from the important elements of peace, which is that Israel has to make peace" with the Palestinians, Lebanon and Syria, not Saudi Arabia.

While the US hopes that Saudi participation will put the kingdom on a path to recognizing Israel, al-Faisal said this possibility is already outlined in the Arab peace initiative, which offers peace in exchange for territory.

"Recognition comes, but comes after peace, not before peace," al-Faisal said.

Israeli forces invade Nablus and Al Bireh cities

Nisreen Qumsieh, IMEMC, 27/09/07. Israeli military forces invaded the northern West Bank city of Nablus and the refugee camps of Balata, el-Ein and Askar Al Jadeed in the early hours of Thursday morning.

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Security sources told WAFA that Israeli forces, backed by large number of military vehicles, invaded the area from several directions using heavy fire.

The military spread itself into several neighborhoods of the city and around the refugee camps. Soldiers besieged several buildings, forcing residents from their homes, ransacking them and taking away items of property. No injuries or abductions were reported.

In a separate operation, Israeli forces invaded several neighborhoods in the West Bank city of Al Bireh, near Ramallah, in the early hours of Thursday morning.

Security sources said that scores of Israeli military vehicles entered the Um Al Sharayet, Al Shurfa and Samerames neighborhoods.

Troops launched house-to-house searches in the Um Al Sharayet district. They confiscated property and caused damage to residential buildings. No Abductions were reported.

11 Palestinians martyred by the Zionist bombardment

Ezzedeen Al Qassam Brigades, 27/09/07. In Thursday , in the early morning , the Zionist forces continued their new crime by killing another three Palestinians , including two Qassam men, during the attack on Beit Hanon.

On Wednesday evening , and before breakfast in Ramadan, Four Palestinian resistance men were targeted by the zoinist aircrafts eastern the Gaza Strip. The four men were in a jeep and died at the moment after the Zionist bombardment.

Palestinian sources reported that the four martyrs are belonging to " Al-Islam army" , one of the resistance factions in Gaza.

In a different incident in Beit Hanon, medical Palestinian sources confirmend the death of other four Palestinians after the tanks Zionist bombardment.

The tank's fire targeted the house of a family in the village of Beit Hanon. Tens of people were injured in the incident. Ambulances came to take civilians to Al-Awda hospital.

Seven people were killed and a number of others injured when an Israeli artillery shell landed on a house in Beit Hanoun in the northern Gaza Strip.


The dead have been identified as Khayri Hamdan, 26, Muhammad Udwan, 20, and Muhammad Basyuni, 24.


Raji Hamdan, from Beit Hanoun, and Muhammad Abu Rubka from Jabalia were both from Al-Qassam Brigades martyred by shrapnel from a missile fired from an Israeli fighter jet. The two men were fighting the attacking Zionist forces.

Israel kills 10 in Gaza, warns of big sweep

Nidal al-Mughrabi, GAZA, Sept 26 (Reuters) - Israel killed 10 Palestinians in military operations in the Gaza Strip on Wednesday and threatened a major ground sweep of the Hamas-run territory to stem rocket fire.

Following a surge in the cross-border salvoes, Israeli troops and tanks rolled into the northern Gaza town of Beit Hanoun, touching off clashes with local gunmen. Israeli shelling killed a gunman from the Popular Resistance Committees (PRC) militant group along with three bystanders, witnesses said. An air strike killed a Hamas militant. Earlier, Israel's air force attacked a car in nearby Gaza City, killing its five occupants. They were identified as members of the Army of Islam militant group.

At least 22 Palestinians were also wounded in the fighting, among the fiercest in Gaza since Hamas Islamists seized control of it in June.

Israel, which last week declared Gaza an "enemy entity" because of the continued short-range rocket fire, signalled that it could soon order invasions of areas used for the launches.

"We are getting closer to carrying out a widespread operation in Gaza which, for many reasons, has not taken place in the past weeks," Defence Minister Ehud Barak told Israel's Army Radio.

Israeli Prime Minister Ehud Olmert has come under pressure from residents of the Israeli town of Sderot, which was targeted by rockets, and rightist politicians to crack down on Gaza, some of them arguing that Hamas, which rejects the Jewish state's right to exist, is amassing arms in the territory.

Several Israeli cabinet ministers have cautioned that such a campaign could lead to heavy casualties among Israeli forces and Palestinians in the coastal territory of 1.5 million people.

Hamas leader Ismail Haniyeh denounced on Wednesday "a new wave of Israeli aggression". Government spokesman David Baker said Israel would continue to take "pre-emptive measures" to prevent rocket attacks or other assaults on its citizens.

Tens of rockets fired at the Zionist settlements and military sites

Ezzedeen Al-Qassam Brigades, 26/09/07. A Palestinian child was injured by the Zionist bombardment at Beit Hanon ,today in the morning. After the carefull calm , tens of rockets and mortar shells were fired at the Zionist settlements and military sites.

Since this morning on Wednesday , the resistance factions fired a huge number of rockets and mortars. Al-Qassam Brigades declared the responsibility of firing 40 mortar shells at the Zionist military sites of Karm Abu Salim and Kesufim . 14 mortar shells were fired at the Zionist groups near the military site of Kesufim.

Al-Quds Brigades fired nine home-made rockets at the Zionist settlement of Sderot; in addition to firing 6 mortar shells.

Al-Nasser Salah A-Din Brigades declared the responsibility for firing 3 mortar shells at the Zionist military site of Karm Abu Salem east of Rafa city , northern the Gaza Strip.

Al-Aqsa Brigades declared that they fired one mortar shell at a special forces ,west of Abu Mtibiq military site ,east of Al-Maghazi camp in the middle of the Gaza Strip.

In each statement to the Palestinian resistance factions ,they affirmed that these missions are in response to the Zionist aggression against the Palestinian people.

I giovani israeliani schivano la leva militare

Elana Ringer e Rebecca Harrison, Reuters, 24/09/07, trad. M.G. Di Rienzo. Gerusalemme. Per molti è una traditrice, una vigliacca e una parassita. Ma Saar Vardi, diciassettenne “resistente alla leva”, dice che se più persone la pensassero come lei il Medio Oriente sarebbe un luogo molto più pacifico. Vardi fa parte di un crescente gruppo di giovani israeliani che sta rifiutando di prestare servizio militare, spesso come atto di protesta contro l’occupazione dei territori palestinesi, o a causa dell’impopolare guerra contro il Libano dell’anno scorso.

Le statistiche dell’esercito mostrano che il numero di giovani che non si sta iscrivendo è cresciuto in questi ultimi anni, e tocca un maschio su quattro ed il 43% delle femmine.

“Mi danno della traditrice, e dicono che il mio paese mi ha dato tanto e che io non voglio tornare nulla indietro, come una parassita.”, racconta Saar Vardi, “Ma io so in cosa credo. Se davvero tutti vedessero le cose come le vedo io non avremmo bisogno di nessun esercito.”

La maggior parte degli uomini israeliani deve prestare servizio nell’esercito per tre anni, e sono suscettibili di essere richiamati dalla riserva a meno che non possano dimostrare di essere fisicamente o psichicamente inabili al combattimento, o di provenire da un ambiente ultra-ortodosso. Le donne devono prestare servizio per 21 mesi.

Fino a tempi recenti, decidere di non entrare nell’esercito era largamente tabù in una nazione che è nata dalla guerra, e che è in costante conflitto con i vicini arabi. Vedere gruppi di giovani soldati armati di fucili è normale sulle strade di Israele, e per molti servire nell’esercito va al cuore dell’identità nazionale. Il tentativo di evitare la leva ha dato inizio ad un acceso dibattito sui media, ed il governo sta preparandosi ad intervenire. “Quando un soldato va in battaglia, non deve avere la sensazione che una parte della società lo giudichi uno schifoso.”, aveva già detto in luglio il Ministro della Difesa, Ehud Barak, “E’ giunto il momento di tornare ai giorni in cui servire nell’esercito era un diritto ed un onore, ed evitarlo era come portare su di sé il marchio di Caino.”

Gli ebrei ultra-ortodossi sono stati esentati dal servizio per anni, ed il loro numero sta crescendo. Ma sempre più israeliani laici stanno trovando modi di farlo, alcuni dichiarandosi obiettori di coscienza, altri dichiarandosi “inadatti”. Alcuni argomentano che sono disgustati all’idea di combattere per una forza di occupazione, e sono pronti ad andare in prigione per ciò in cui credono. Altri dicono che non hanno fiducia nel governo di Ehud Olmert al punto di rischiare la vita per esso, e aggiungono che il Primo Ministro ha già agito impulsivamente nel dichiarare guerra al Libano lo scorso anno. E alcuni giovani israeliani dichiarano semplicemente di volersi dedicare agli studi o al lavoro. “Ci sono guerre continue, e l’occupazione continua.”, dice Hagay Matar, che ha passato due anni in prigione per aver rifiutato la leva, “La gente comincia a pensare che non è obbligata a farlo.”

Ma molti sindaci hanno giurato, ad esempio, di non permettere agli artisti che non abbiano svolto servizio militare di partecipare alle celebrazioni per il 60° anniversario di Israele l’anno prossimo, ed uno di essi ha suggerito di negare agli obiettori gli impieghi municipali. Alcuni commentatori stanno ossessivamente ricordando che chi rifiuta il servizio militare va in galera: “Lo schivare la leva è un cancro, un cancro che divora le fondamenta di Israele come società.”, ha detto il giornalista Eitan Haber, che scrive sul quotidiano più letto del paese, lo Yedioth Ahronoth, “Non vogliono prestare servizio? Gli si dia un kit di preghiera e l’uniforme della prigione.”

Ma i “resistenti” hanno anche i loro sostenitori. L’editorialista Yonatan Gefen ha chiesto sul giornale Ma'ariv perché i giovani israeliani dovrebbero avere la volontà di combattere in un esercito che “non sa perché si muore.” Un altro opinionista sostiene che Israele dovrebbe favorire un esercito fatto di professionisti volontari, e concentrarsi sulla tecnologia e lo spionaggio invece che sui numeri, soprattutto da quando è dimostrato che l’esercito non può eliminare la guerriglia, com’è accaduto in Libano. “Le guerre moderne non sono basate su una massa di soldati appiedati.”, ha scritto il commentatore Gabi Nitzam sullo Yedioth Ahronoth il mese scorso.

Israele sta tentando di rendere l’esercito più attraente per i giovani, permettendo a promettenti sportivi, musicisti e persino modelli delle case di moda, di trascorrere il periodo del loro servizio lontano dal fronte e di continuare a curare le loro carriere. Il governo sta anche pianificando il lancio di un programma di servizio civile, che darebbe agli obiettori di coscienza, a coloro che fisicamente sono impossibilitati ad arruolarsi, agli ultra-ortodossi ed agli arabi israeliani (che sono esentati dalla leva) la possibilità di servire il paese in altri modi.

Reuven Gal, che ha diretto la commissione che ha fornito le raccomandazioni al governo per il nuovo programma, dice che gli israeliani dovrebbero avere l’opportunità di non entrare nell’esercito senza per questo evitare completamente il loro “dovere nazionale”.

“Vogliamo creare una norma, in cui una persona che non si arruola va nel servizio civile.”, dice Gal, “Dovremmo smettere di generalizzare, e di dire che chiunque schivi la leva va impiccato sulla pubblica piazza.”

Attacco israeliano a Gaza. Uccisi sette palestinesi

l'Unità, 26/09/07. Tre miliziani e quattro civili palestinesi sono stati uccisi in una duplice operazione israeliana nella striscia di Gaza. In un'operazione di terra quattro civili, membri di una stessa famiglia, sono stati uccisi da una cannonata sparata da un carro armato israeliano contro l'abitato di Beit Hanun. L'incursione israeliana è iniziata nelle ore in cui le famiglie palestinesi, impegnate nel mese di digiuno del Ramadan, erano riunite nelle abitazioni per la cena, consentita solo dopo il tramonto. I guerriglieri, che secondo testimoni appartenevano ad Hamas secondo altre fonti appartenevano al gruppo radicale islamico riconducibile ad Al Qaeda erano a bordo di un'auto lungo una strada del quartiere di Zaitun quando il veicolo è stato centrato da un missile. Nell'attacco sono rimasti feriti anche alcuni passanti uno dei quali si trova in gravi condizioni.


mercoledì 26 settembre 2007

ISRAEL-OPT: Israeli incursion into West Bank [Abbas-Fayyad Israeli ricognised State of Palestine] refugee camp causes destruction, fear


Photo: Shabtai Gold/IRIN
A Palestinian apartment blown up during an Israeli military incursion


EIN BEIT ALMA, 26 September 2007 (IRIN) - Residents of the Ein Beit Alma refugee camp began to pick up the pieces after an intense Israeli military incursion last week left dozens homeless, and many very frightened, especially children. The fighting with Palestinian militants also caused damage to sewer systems, residents said.

Muhammed Msaimi, aged 26, hid for over a day with his wife and three children in the bathroom because of gunfights which took place outside their apartment. However, the bullets found their way into that room as well, and they crawled behind a thick wall, Msaimi, a registered refugee, said.

"Then the soldiers came and told us to leave. They said we should cover our ears. They blew up the floor above us. No one lives there," he told IRIN. The explosion knocked out the entire upper floor and caused structural damage to the rest of the building. Msaimi now lives with his in-laws.

The Israeli military said the purpose of the three-day operation was to "prevent the execution of terror attacks into the Israeli home front", and that information obtained from arrested alleged militants, 49 in all, had led them to an explosive belt which had been smuggled into Tel Aviv.

Fear

However, the effect on the civilian population was considerable, residents said.

My children are afraid to come back here," said Msaimi, adding that they were staying at a friend's home nearby.

Photo: Shabtai Gold/IRIN
A Palestinian girl attending a UNRWA school side-steps the rubble of a damaged home

"The effects of these military operations at such close quarters have an incalculable impact on the well-being of the young," said Christopher Gunness from UNRWA, the UN agency for Palestinian refugees.

The agency runs psycho-social programmes and has counsellors at its two camp schools.

"The children are not studying now, they are frightened. They go to school and draw, colour and read stories," said Samia Abu Salah, whose children attend UNRWA schools and are taking part in a programme which tries to help the children express their feelings.

Her home was invaded by the military: "We heard noises from below our bedroom. It was the Jews underneath," she recounted, referring to the Israeli soldiers. "We all moved away, into the stairwell. Then we saw them coming out of the floor, from below," Abu Salah said. The soldiers had blown up the apartment below, knocking a hole in the ceiling and were climbing upwards.

Gunness said UNRWA can offer limited financial support for those who lost their homes or suffered damage.

“Through walls” tactic

According to the residents in other homes a similar tactic, known as "through walls", was used. Soldiers go through neighbours' homes, destroying joint walls, to reach targets without being exposed in the narrow streets.

The building next to Abu Salah, four stories high, was totally demolished by Israeli bulldozers, leaving dozens homeless. Personal belongings like furniture, video tapes and clothes stick out of the rubble. The soldiers, searching for and fighting militants, did not give the residents time to get their possessions out, residents said.

Photo: Shabtai Gold/IRIN

"The noises during the fighting hurt my ears so much. The windows are broken. I hope they fix it before winter. It's getting cold now at night."

Aisha, 74


Several people said the soldiers used three locals as human shields, a practice deemed illegal by Israel's High Court. The Israeli military said it was "not aware of any such incident".

In other areas, people were cordoned off while soldiers used their homes as observation points, residents said.

"My brother had 71 people in his house - the women in one room and the men in another - for two days," said Ghassan, a school teacher. "They used all their food in one day but received bread from the Palestinian Medical Relief on the second.”

"The noises during the fighting hurt my ears so much," said Aisha, aged 74, as she sat on the floor preparing soup from UNRWA food aid.

Sewage pipes damaged during the fighting overflow outside her small home, spreading a foul smell in the air.

"The windows are broken. I hope they fix it before winter. It's getting cold now at night," she said.

Major Israeli Bank adds still another Sanction to Gaza

25/09/07. As the world continues to remain silent at the strangulation of the Palestinian nation, still another sanction was just added to the list already in existance. Bank HaPoalim (Bank of the Workers), Israel's biggest bank, just announced they will sever all ties with banks in Gaza.

As Israeli currency is 'still' used in the occupied territories, this move could deepen the already serious economic situation there. Full report from Reuters.








Ben Heine © Cartoons

Hooray, the youth of Gaza !

Heba, Contemplating from Gaza, 25/09/07. It’s Ramadan and it’s the month of spirituality and peace, so though belated; happy Ramdan to all. I have been busy at work visiting different groups and hearing more stories, feeling disappointed and worn out at times and laughing full- heartedly at other times. What amazes me and makes me bow in respect about Gaza people is that they never give up. They never stop complaining yet they strive to live. It’s Ramdan and you see them shopping with limited budgets or just roaming the streets before Iftar (the main meal at sunset). I get on a taxi or go to a shop and just hear people saying; what can we do when they cut electricity or there is no yogurt in the market. They say it with a spirit of “I will survive no matter what “. This is worthy of admiration.

I went to a workshop of a group of youth (males and females) who are our target group for a project on civic education. The project was designed before the Gaza events and the drastic changes that took place. So a major component of it was attending the legislative council (PLC) meetings to make sure that youth needs are addressed and of course the PLC is no longer working because most of the Fatteh members would not attend conducted sessions. We discussed alternatives for this project component. Whilst my mind was blank looking at them in grave silence, they actively -red-faced, strong toned, and mostly optimistic- started suggesting things; meeting parliament groups, watching previous televised PLC sessions, lobbying the current government, assessing youth needs and they went on and one. Each suggestion astonished me. It seems active thinking in itself astonished me. I was really impressed that I can meet young people who are that enthusiastic and yearning to make a difference. Then here came my little speech and as always, I find discomfort in this role of “knowing better, giving promises, or showing any type of superiority at all.” This time, however, I chose the be very sincere. I said to them” I am proud of you. I think a long time has passed since I felt like you or thought like you. Am not that old though -they laughed. I think your beautiful age and the beautiful mind that comes with it is a blessing in Gaza. The idea that you think of alternatives and think that you can implement what you plan is in itself impressive. I am ashamed to stand here and see that all of what you previously thought about was altered because your PLC does not work anymore. Yet, the fact that you say it is a setback- lets move on within such a stagnant totally paralyzed political and economic context is for me inspiring “. Hooray, the youth of Gaza. With you, there will be always hope.

Un journaliste français en butte à la justice israélienne

Gilles Paris, Le Monde, 25/09/07. Selon les témoignages d'autres journalistes présents sur les lieux, Jacques-Marie Bourget, frappé aujourd'hui d'une invalidité de plus 40 %, aurait pu être victime d'un tir provenant d'un hôtel surplombant le carrefour et où avaient pris position des soldats israéliens. La justice israélienne a signifié officiellement à la juge française qu'elle ne collaborerait pas avec elle dans cette affaire.

L'expertise de la balle restée entre le poumon et l'omoplate et extraite ultérieurement tend à accréditer ces témoignages. Elle a montré qu'il s'agissait d'un projectile de fabrication israélienne pouvant être tiré par les fusils d'assaut M-16 ou Galil dont sont équipés les fantassins israéliens. Une commission rogatoire a été délivrée, le 27 avril 2005, par une juge du tribunal de grande instance de Paris. Les autorités israéliennes se sont gardées d'y donner suite, ainsi qu'à une demande de déplacement de la magistrate.

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A new idea to put an end to the Qassam rocket !!

Ezzedeen Alqassam Brigades, 25/09/07. It is not strange to find an occupation army acting with impunity considering mass destruction and deportation of towns and population centers. And on the other hand, it is not strange to find an occupation that has failed to break the will of its victim resort to extreme measures to cover its failure. After all, the regional superpower is annoyed by the "primitive" Qassam rocket.


The occupation political leadership and military commanders have come up with a new idea to put an end to retaliatory rocket attacks against targets beyond the borders of the Gaza Strip. The latest design is the threat to cut off fuel and electricity on the whole Gaza Strip and to consider the Gaza Strip as a " hostile entity". The first step in this threat was cutting off electricity at each rocket launch.

But before talking about the threat and its implications, it is noteworthy to point that occupation forces have continued their attacks on Palestinians and their properties, with total disregard to the unofficial conditional ceasefire observed by Palestinian resistance factions. Over the last month 25 Palestinians have been killed and more than 40 injured; while one Zionist soldier killed during clashes with Palestinian resistance. Hundreds were detained. And thousands of dunums of Palestinian land was confiscated.

The occupation military leadership, fully knowing that Palestinian resistance factions can fire rockets from anywhere in the Strip and still hit their targets, threaten to have a large scale operation in the Gaza Strip. The message is that "destruction will be brought to any area where rockets are fired from."

This is not the first time that this message was sent to Palestinians. Prior to the withdrawal of occupation soldiers and settlers from the Gaza Strip, the same message was sent. But it failed to stop the resistance. And in the end, the occupation was forced to cut its losses and stop.

The occupation military leadership continues to engage in behavior and strategy blinded by the arrogance of the occupation and military power. This leadership fails to see the suffering it brings to Palestinians on a daily basis; and is shocked when there is an attack against the source of suffering.

It is a leadership that has never faced any serious practical action by the international community to put a stop to the crimes perpetrated against Palestinians. With the total lack of accountability at the international stage, the occupation army continues to perpetrate crimes and cause suffering. And thus, the silence has given legitimacy to these actions.

Thus, it is not strange to find an occupation army acting with impunity considering mass destruction and deportation of towns and population centers. And on the other hand, it is not strange to find an occupation that has failed to break the will of its victim resort to extreme measures to cover its failure. After all, the regional superpower is annoyed by the "primitive" Qassam rocket.