Lui non se ne preoccupa, dimena gli occhi azzurri e cita i suoi modelli: Winston Churchill e Pietro il Grande. «Leader disposti a pagare il prezzo per scelte e opinioni impopolari. Pronti a dire verità spiacevoli e difficili da accettare». Lo zar, nella biografia romanzata di Alexej Tolstoj che Lieberman rilegge quando si vuole rilassare, definisce così la sua missione: «Per trascinare il popolo fuori dalla palude dei tempi antichi, bisogna aprigli gli occhi e pungolarlo nelle costole». E' il metodo di questo immigrato dalla Moldova, arrivato in Israele nel 1978 e che a 38 anni era già capo dello staff di Benjamin Netanyahu, allora primo ministro. Vive nell'insediamento di Nokdim, in Cisgiordania.
Appena tornato da un viaggio in Europa — incontri alla Nato, a Bruxelles — usa il pungolo: «L'Europa è dominata dallo spirito di Chamberlain (il primo ministro britannico che firmò l'accordo di Monaco con Hitler nel 1938, ndr). Invece di imporre sanzioni economiche e politiche più dure, invece di isolare l'Iran, alcuni Paesi vogliono continuare a dialogare con Teheran e a giustificare il regime ». Critica Romano Prodi, presidente del consiglio italiano, che in un'intervista al quotidiano Maariv aveva parlato della distinzione tra nucleare civile e atomica militare: «E' impossibile separare la tecnologia nucleare per usi pacifici da quella militare. Soprattutto quando l'Iran allo stesso tempo sviluppa i sistemi missilistici. Se sono preoccupati solo dall'energia, che bisogno hanno di produrre gli Shaab 3 e 4?».
Massimo D'Alema, ministro degli Esteri italiano, ha detto «di essere preoccupato dalla possibilità che vi siano ulteriori sanzioni».
«Non capisco. Abbiamo visto che gli embarghi funzionano: in Corea del Nord, in Libia. Bisogna andare avanti e isolare l'Iran».
Israele sta progettando un raid per fermare l'Iran?
«Non vogliamo attaccare nessuna nazione. Ma dobbiamo preparaci a proteggere i nostri cittadini e il nostro Paese. Il presidente Ahmadinejad ripete di volerci cancellare, nega l'Olocausto. L'Iran manovra Hamas contro di noi e l'Hezbollah perché faccia cadere il governo libanese di Fouad Siniora. E' dietro agli attacchi alle truppe Nato in Afghanistan e ai soldati americani in Iraq».
Lei ha votato contro gli aiuti decisi dal governo per rafforzare il presidente palestinese Abu Mazen.
«Il Fatah è un cadavere che non può essere resuscitato. Abu Mazen deve andare in pensione e fare spazio a una nuova generazione pragmatica, che voglia davvero combattere Hamas e coesistere con lo Stato ebraico».
Considera Ismail Haniyeh, il premier deposto di Hamas, un possibile obiettivo di Israele.
«Deve esserlo. E' responsabile per gli attacchi terroristici che partono da Gaza, è uno dei leader del movimento che vuole distruggerci. Dobbiamo disconnetterci totalmente da Gaza: forniamo elettricità che viene usata anche dai laboratori per fabbricare i razzi Qassam. Ricevano l'acqua e l'energia dai loro fratelli egiziani, non da noi».
Il suo partito propone di cedere la responsabilità di aree a maggioranza araba in Israele a un futuro Stato palestinese in cambio dell'annessione ufficiale di insediamenti in Cisgiordania.
«La causa di questo conflitto decennale è l'attrito tra due popoli e due religioni. Ovunque nel mondo questa frizione produce guerre: nell'ex Jugoslavia, in Irlanda del Nord o nel Caucaso. La soluzione migliore è la separazione: due Stati per due popoli, ma non uno Stato e mezzo per i palestinesi e mezzo Stato per gli ebrei. Quando Ariel Sharon ha deciso il ritiro da Gaza, ho obiettato che avremmo costituto un'entità araba omogenea, senza un israeliano nella Striscia, e noi saremmo diventati uno Stato binazionale, con una minoranza araba del 20%».
Il suo modello è Cipro. Ma 200 mila greci furono costretti a fuggire e a lasciare le case, dopo l'invasione militare turca.
«I mezzi non sarebbero gli stessi, mi interessa il risultato. La situazione a Cipro prima del 1974 era insostenibile: scontri, frizioni, violenze, terrore. Io non propongo di cacciare gli arabi israeliani ma di ridisegnare la mappa, in un futuro accordo».
Gli arabi perderebbero i diritti di cittadinanza, significa un israeliano su cinque.
«Potranno scegliere. O diventare cittadini palestinesi o restare in Israele. In questo caso, devono prestare un giuramento di fedeltà allo Stato, essere pronti a servire nell'esercito. Anche noi dobbiamo garantire uno Stato ebraico omogeneo. Solo in Israele è ammissibile che deputati arabi della Knesset vadano in Libano durante la guerra per sostenere gli Hezbollah o appoggino l'intifada palestinese».
Lei ha detto: «Entrare nella Nato e nell'Unione Europea è l'obiettivo diplomatico e strategico più importante per Israele». E' la stessa Europa [Lo Stato d'Israele (in ebraico: , traslitt. Medinat Yisra'el; in arabo: دولة اسرائيل, traslitt. Dawlat Isrā'īl) è uno stato del Vicino Oriente che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Confina con l'Egitto a Sud, la Giordania a Est, il Libano a Nord e la Siria a Nord-Est] che accusa di soccombere allo spirito di Chamberlain.
«Appunto. Noi potremmo introdurre lo spirito di Churchill, necessario se le società libere occidentali vogliono sopravvivere».