Michelangelo Cocco. il manifesto. 10/07/07. Il governo olandese: via le nostre aziende dai cantieri del Muro. Parla Omar Barghouti, leader della campagna pro-sanzioni. "Israele è uno stato che ha violato più principi e leggi internazionali del Sudafrica durante l'apartheid. Il boicottaggio è giustificato dalla violazione di principi legali (le risoluzioni delle Nazioni Unite). Politicamente pone l'accento sui diritti, che devono essere rispettati per entrambe le comunità se si vuole una soluzione giusta del conflitto. Uno degli strumenti più efficaci nelle nostre mani è la Convenzione dell'Onu contro l'apartheid. Proprio come nel Sudafrica segregazionista, in Israele ci sono leggi che discriminano apertamente i cittadini arabi dello Stato. La più importante è quella sulla proprietà della terra, che non attribuisce ai palestinesi alcun controllo su quest'ultima, affidandone la gestione interamente all'Agenzia ebraica".
Il direttore per il commercio e gl'investimenti dell'ambasciata britannica a Tel Aviv ha scelto le colonne del quotidiano Ha'aretz per cercare di rassicurare il governo israeliano. «Siamo consapevoli dello shock e della rabbia causati qui in Israele da recenti tentativi di boicottaggio da parte di un gruppo di organizzazioni britanniche - ha scritto ieri Richard Salt -. Il governo britannico non può interferire nelle loro deliberazioni interne, ma certamente noi non appoggiamo tentativi di boicottare Israele». Ma il ministro degli esteri olandese, Maxime Verhagen, qualche giorno fa si è fatto portavoce del cosiddetto «disinvestimento». «Mi aspetto che la Riwal smetta di fornire gru per il muro», ha dichiarato Verhagen citando a sostegno del suo «invito» all'azienda di Rotterdam la risoluzione della Corte internazionale di giustizia che nel 2004 stabilì che il muro è «illegale». Delle prospettive del boicottaggio abbiamo discusso con Omar Barghouti, fondatore della Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale d'Israele, Pacbi (www.pacbi.org), relatore al corso «Palestina/Israele: un paese, uno stato», concluso venerdì scorso a Madrid.
Che risultati avete raggiunto finora?
Abbiamo iniziato solo tre ani fa, ma le istituzioni e i gruppi della società civile internazionale stanno rispondendo molto bene. La settimana scorsa la Tgwu, un sindacato britannico con 80mila iscritti, ha approvato una risoluzione molto dura di boicottaggio. Così aveva fatto la Unison, il principale sindacato (1.3 milioni d'iscritti), il Cupe dell'Ontario (200mila membri), che sta preparando dei corsi per educare i suoi iscritti al boicottaggio, per non parlare del Cosatu sudafricano che si è mobilitato in massa.
Quando è messo nell'angolo, Israele reagisce con durezza.
Voi europei dimenticate che anche il Sudafrica, quando le campagne di boicottaggio si fecero efficaci, reagì intensificando l'oppressione dei suoi cittadini neri. Il mondo allora si chiese: forse vi stiamo facendo del male invece di aiutare la vostra lotta? La risposta in quel caso fu: no, e continueremo fin quando non avremo abbattuto il sistema di segregazione razziale. Il boicottaggio è la pratica più morale e politicamente efficace, perché non aliena la parte umana della popolazione, da entrambi i lati. In questo modo prepara ebrei e palestinesi alla coesistenza pacifica.
Parlate di boicottaggio, disinvestimento, sanzioni (bds). Quali sono le differenze?
Con disinvestimento s'intende il ritiro degli investimenti da istituzioni o aziende che sostengono l'occupazione. Tutte le aziende israeliane sono complici, perché discriminano già nel momento in cui, per assumere un lavoratore, danno la precedenza a quelli che hanno servito nell'esercito, escludendo in questo modo la minoranza palestinese in Israele (1.2milioni di persone) che non presta servizio militare. Le sanzioni rappresentano l'ultimo gradino e vengono applicate dagli stati e dalla Comunità internazionale.
Il boicottaggio individuale funziona?
Anche non acquistare frutta o fiori prodotti in Israele, conta, e molto. L'Ue rappresenta per i prodotti agricoli israeliani un mercato di miliardi di dollari e lo Stato ebraico ha con Bruxelles un trattato d'associazione che ne fa quasi uno stato membro. Le prime campagne di boicottaggio contro Pretoria iniziarono negli anni '50, ma prima di diventare un fenomeno diffuso bisognò aspettare 30 anni. Noi palestinesi stiamo facendo molto meglio.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/10-Luglio-2007/art47.html
Il direttore per il commercio e gl'investimenti dell'ambasciata britannica a Tel Aviv ha scelto le colonne del quotidiano Ha'aretz per cercare di rassicurare il governo israeliano. «Siamo consapevoli dello shock e della rabbia causati qui in Israele da recenti tentativi di boicottaggio da parte di un gruppo di organizzazioni britanniche - ha scritto ieri Richard Salt -. Il governo britannico non può interferire nelle loro deliberazioni interne, ma certamente noi non appoggiamo tentativi di boicottare Israele». Ma il ministro degli esteri olandese, Maxime Verhagen, qualche giorno fa si è fatto portavoce del cosiddetto «disinvestimento». «Mi aspetto che la Riwal smetta di fornire gru per il muro», ha dichiarato Verhagen citando a sostegno del suo «invito» all'azienda di Rotterdam la risoluzione della Corte internazionale di giustizia che nel 2004 stabilì che il muro è «illegale». Delle prospettive del boicottaggio abbiamo discusso con Omar Barghouti, fondatore della Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale d'Israele, Pacbi (www.pacbi.org), relatore al corso «Palestina/Israele: un paese, uno stato», concluso venerdì scorso a Madrid.
Che risultati avete raggiunto finora?
Abbiamo iniziato solo tre ani fa, ma le istituzioni e i gruppi della società civile internazionale stanno rispondendo molto bene. La settimana scorsa la Tgwu, un sindacato britannico con 80mila iscritti, ha approvato una risoluzione molto dura di boicottaggio. Così aveva fatto la Unison, il principale sindacato (1.3 milioni d'iscritti), il Cupe dell'Ontario (200mila membri), che sta preparando dei corsi per educare i suoi iscritti al boicottaggio, per non parlare del Cosatu sudafricano che si è mobilitato in massa.
Quando è messo nell'angolo, Israele reagisce con durezza.
Voi europei dimenticate che anche il Sudafrica, quando le campagne di boicottaggio si fecero efficaci, reagì intensificando l'oppressione dei suoi cittadini neri. Il mondo allora si chiese: forse vi stiamo facendo del male invece di aiutare la vostra lotta? La risposta in quel caso fu: no, e continueremo fin quando non avremo abbattuto il sistema di segregazione razziale. Il boicottaggio è la pratica più morale e politicamente efficace, perché non aliena la parte umana della popolazione, da entrambi i lati. In questo modo prepara ebrei e palestinesi alla coesistenza pacifica.
Parlate di boicottaggio, disinvestimento, sanzioni (bds). Quali sono le differenze?
Con disinvestimento s'intende il ritiro degli investimenti da istituzioni o aziende che sostengono l'occupazione. Tutte le aziende israeliane sono complici, perché discriminano già nel momento in cui, per assumere un lavoratore, danno la precedenza a quelli che hanno servito nell'esercito, escludendo in questo modo la minoranza palestinese in Israele (1.2milioni di persone) che non presta servizio militare. Le sanzioni rappresentano l'ultimo gradino e vengono applicate dagli stati e dalla Comunità internazionale.
Il boicottaggio individuale funziona?
Anche non acquistare frutta o fiori prodotti in Israele, conta, e molto. L'Ue rappresenta per i prodotti agricoli israeliani un mercato di miliardi di dollari e lo Stato ebraico ha con Bruxelles un trattato d'associazione che ne fa quasi uno stato membro. Le prime campagne di boicottaggio contro Pretoria iniziarono negli anni '50, ma prima di diventare un fenomeno diffuso bisognò aspettare 30 anni. Noi palestinesi stiamo facendo molto meglio.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/10-Luglio-2007/art47.html
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