Maurizio Caprara. Corriere della Sera. 17/07/07. «Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese», ha detto ieri pomeriggio Massimo D'Alema. «È sbagliato regalare ad Al Qaeda movimenti come Hamas e Hezbollah. Hamas si è reso protagonista di atti terroristici, ma è anche un movimento popolare: per l'Occidente non riconoscere un governo eletto democraticamente, magari mentre andiamo a braccetto con qualche dittatore, non è una straordinaria lezione di democrazia», ha sostenuto il ministro degli Esteri. A suo avviso, «è interesse della comunità internazionale evitare di spingere questi movimenti nelle braccia di Al Qaeda».
Il ministro degli Esteri, che domani incontrerà l'inviato del Quartetto Tony Blair, conferma la strategia del dialogo con gli integralisti. «E' tanta parte del popolo palestinese». Mastella «perplesso». Diliberto applaude
ROMA — Mentre il presidente palestinese Abu Mazen, subìto lo smacco della perdita di autorità su Gaza, persegue l'isolamento di Hamas, dall'Italia continuano a partire segnali di apertura verso il partito più grande dei Territori, una formazione fondamentalista islamica tuttora considerata organizzazione terroristica dall'Unione Europea.
Il titolare della Farnesina si è espresso così nella festa dell'Unità a San Miniato, in provincia di Siena. Si tratta dello sviluppo ulteriore di una sua tesi. Il 6 giugno, a Damasco, D'Alema ha lasciato capire che si deve anche a Hezbollah e ad Hamas se le forze italiane in Libano, circa 2.500 militari, non hanno subìto grossi attentati. Nel frattempo però l'irrisolto problema del forte radicamento di Hamas si è posto in termini più rudi e gravi: nel corso di giugno la sua milizia ha conquistato Gaza. Abu Mazen ha denunciato un golpe, da Ramallah ha sostituito il governo di unità nazionale presieduto da Ismail Haniyeh con uno di al Fatah guidato da Salam Fayyad e ha accusato Hamas di favorire l'ingresso di Al Qaeda nella Striscia percorsa da lampi di guerra civile.
Benché la tesi del titolare della Farnesina non sia una sorpresa, certo non equivale a un caloroso appoggio all'esecutivo di Fayyad. E nel governo italiano non mancano alcune obiezioni. «Rispetto le considerazioni di D'Alema, non ho competenze al riguardo», premette diplomatico il segretario dell'Udeur Clemente Mastella parlando con il Corriere. Ma riconosce: «Resto un po' perplesso. E non tanto per le valutazioni negative che su Hamas ha Israele. Per quelle, negative, di Abu Mazen», aggiunge Mastella. Il quale è pur sempre ministro della Giustizia.
Prosegue il segretario del-l'Udeur: «Quelli di Hamas hanno fatto prigionieri e passato per le armi loro fratelli. In più, stando ad Abu Mazen, hanno collusioni con Al Qaeda. Se cambiano atteggiamento, come i gruppi partiti da comportamenti terroristici che si sono evoluti su una linea di confine verso la democrazia, bene. Però finora è giusto che l'atteggiamento della comunità internazionale sia l'attuale».
Se per comunità internazionale si intende il Quartetto formato da Usa, Unione europea, Russia e Onu, il suo consiste nel porre come condizioni per abbassare le barriere verso Hamas passi di pace — rinuncia alla violenza, riconoscimento di Israele e degli accordi precedenti — che non ci sono stati.
Domani D'Alema riceverà a Roma il nuovo inviato del Quartetto per il Medio Oriente, Tony Blair, atteso anche da Romano Prodi (il quale è stato da Abu Mazen e Fayyad). Il ministro degli Esteri insisterà nel sostenere che Hamas è un problema politico troppo grosso per essere risolto in chiave militare o soltanto con sanzioni. Il ds Piero Fassino, segretario del partito di D'Alema, ha scritto sabato sul nostro giornale che «avere una strategia con cui gestire i rapporti con Hamas non è questione eludibile». «Bravo D'Alema. La sua posizione mi pare molto corretta», è il giudizio che delle affermazioni di ieri del ministro degli Esteri dà al Corriere
il segretario dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto. «Ero e sono molto vicino ad Al Fatah, tuttavia Hamas ha vinto le elezioni ed è bizzarra concezione quella secondo cui i risultati del voto esistono soltanto quando vince chi vuoi tu. Questo vale pure per Hezbollah, appoggiata da un terzo dei libanesi », aggiunge Diliberto.
Le sue idee sul Medio Oriente sono molto lontane da quelle di Emanuele Fiano, deputato ds, ex presidente della Comunità ebraica di Milano. Ma anche Fiano non trova sbagliata la tesi del titolare della Farnesina: «Fassino e D'Alema toccano un punto vero. Quante persone ci sono a Gaza? Non è che perché hanno scelto Hamas le si può lasciare senza rappresentanti. Alla fine con Hamas bisognerà trattare ». Fiano, comunque, ricorda: «Mica ci si può sedere al tavolo con Hamas come si fa con il premier norvegese. Il primo scoglio è l'abbandono del terrorismo, prima ancora del, necessario, riconoscimento di Israele».
Il ministro degli Esteri, che domani incontrerà l'inviato del Quartetto Tony Blair, conferma la strategia del dialogo con gli integralisti. «E' tanta parte del popolo palestinese». Mastella «perplesso». Diliberto applaude
ROMA — Mentre il presidente palestinese Abu Mazen, subìto lo smacco della perdita di autorità su Gaza, persegue l'isolamento di Hamas, dall'Italia continuano a partire segnali di apertura verso il partito più grande dei Territori, una formazione fondamentalista islamica tuttora considerata organizzazione terroristica dall'Unione Europea.
Il titolare della Farnesina si è espresso così nella festa dell'Unità a San Miniato, in provincia di Siena. Si tratta dello sviluppo ulteriore di una sua tesi. Il 6 giugno, a Damasco, D'Alema ha lasciato capire che si deve anche a Hezbollah e ad Hamas se le forze italiane in Libano, circa 2.500 militari, non hanno subìto grossi attentati. Nel frattempo però l'irrisolto problema del forte radicamento di Hamas si è posto in termini più rudi e gravi: nel corso di giugno la sua milizia ha conquistato Gaza. Abu Mazen ha denunciato un golpe, da Ramallah ha sostituito il governo di unità nazionale presieduto da Ismail Haniyeh con uno di al Fatah guidato da Salam Fayyad e ha accusato Hamas di favorire l'ingresso di Al Qaeda nella Striscia percorsa da lampi di guerra civile.
Benché la tesi del titolare della Farnesina non sia una sorpresa, certo non equivale a un caloroso appoggio all'esecutivo di Fayyad. E nel governo italiano non mancano alcune obiezioni. «Rispetto le considerazioni di D'Alema, non ho competenze al riguardo», premette diplomatico il segretario dell'Udeur Clemente Mastella parlando con il Corriere. Ma riconosce: «Resto un po' perplesso. E non tanto per le valutazioni negative che su Hamas ha Israele. Per quelle, negative, di Abu Mazen», aggiunge Mastella. Il quale è pur sempre ministro della Giustizia.
Prosegue il segretario del-l'Udeur: «Quelli di Hamas hanno fatto prigionieri e passato per le armi loro fratelli. In più, stando ad Abu Mazen, hanno collusioni con Al Qaeda. Se cambiano atteggiamento, come i gruppi partiti da comportamenti terroristici che si sono evoluti su una linea di confine verso la democrazia, bene. Però finora è giusto che l'atteggiamento della comunità internazionale sia l'attuale».
Se per comunità internazionale si intende il Quartetto formato da Usa, Unione europea, Russia e Onu, il suo consiste nel porre come condizioni per abbassare le barriere verso Hamas passi di pace — rinuncia alla violenza, riconoscimento di Israele e degli accordi precedenti — che non ci sono stati.
Domani D'Alema riceverà a Roma il nuovo inviato del Quartetto per il Medio Oriente, Tony Blair, atteso anche da Romano Prodi (il quale è stato da Abu Mazen e Fayyad). Il ministro degli Esteri insisterà nel sostenere che Hamas è un problema politico troppo grosso per essere risolto in chiave militare o soltanto con sanzioni. Il ds Piero Fassino, segretario del partito di D'Alema, ha scritto sabato sul nostro giornale che «avere una strategia con cui gestire i rapporti con Hamas non è questione eludibile». «Bravo D'Alema. La sua posizione mi pare molto corretta», è il giudizio che delle affermazioni di ieri del ministro degli Esteri dà al Corriere
il segretario dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto. «Ero e sono molto vicino ad Al Fatah, tuttavia Hamas ha vinto le elezioni ed è bizzarra concezione quella secondo cui i risultati del voto esistono soltanto quando vince chi vuoi tu. Questo vale pure per Hezbollah, appoggiata da un terzo dei libanesi », aggiunge Diliberto.
Le sue idee sul Medio Oriente sono molto lontane da quelle di Emanuele Fiano, deputato ds, ex presidente della Comunità ebraica di Milano. Ma anche Fiano non trova sbagliata la tesi del titolare della Farnesina: «Fassino e D'Alema toccano un punto vero. Quante persone ci sono a Gaza? Non è che perché hanno scelto Hamas le si può lasciare senza rappresentanti. Alla fine con Hamas bisognerà trattare ». Fiano, comunque, ricorda: «Mica ci si può sedere al tavolo con Hamas come si fa con il premier norvegese. Il primo scoglio è l'abbandono del terrorismo, prima ancora del, necessario, riconoscimento di Israele».
Maurizio Caprara
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