sabato 3 novembre 2007

Nablus, la testa del serpente

BoccheScucite quindicinale Voci dalla Palestina Occupata Pax Christi n. 43 - 1.11.07. Siamo a Nablus e non serve una lunga esperienza nei territori occupati per capire che l`aria di qui e` pesante. Cerchiamo negli occhi della gente i sorrisi di Ramallah, Betlemme e Aboud, trovando soprattutto severita` e rabbia, riflesso di questa citta` assediata e stretta nella morsa militare israeliana, che vorrebbe cosi` schiacciare la Testa del Serpente. E` in questo modo che i giornali di Tel Aviv definiscono Nablus, ex capitale economica della Cisgiordania, importante centro culturale, divenuta gioco forza la culla della resistenza palestinese. Dopo due notti nella Testa del Serpente, ci convinciamo che il veleno e` frutto dell`occupazione, che stritola migliaia di esistenze, corrodendo l`economia, ostacolando gli spostamenti e alimentando la tensione nelle strade. Altrettanto disarmante l`ottimismo di alcuni, se non molti, convinti che la Palestina ce la fara`: "basta non lasciare le nostre terre e continuare a vivere ogni giorno senza fuggire. Questa e` la nostra resistenza!". Parola di Majdi.
Scendiamo dal taxi che si e` gia` fatto buio, pochi passi nel suq e saliamo sull`ambulanza del Medical Relief, guidata da Firas, giungendo in pochi minuti in prossimita` del nostro alloggio, al decimo piano di una grigia palazzina arrocata lungo i fianchi della collina, a debita distanza dai vicoli del centro e dai tre campi profughi: Balata, Askar e Alian. Qui i militari israeliani giungono quasi ogni notte con i loro mezzi corazzati, per arrestare o uccidere dei combattenti palestinesi, o presunti tali.
Dopo cena usciamo sul terrazzo e la nostra attenzione scende subito a valle, tra gli edifici fatiscenti del centro, illuminati dalla luce giallognola delle strade, dove regna una calma apparente. E` in questi istanti che Nablus ritrova la propria vita, l`energia che le ha permesso di resistere a centinaia di attacchi avvenuti negli ultimi 6 anni. A partire dal 2002, con la massiccia invasione dell`esercito israeliano, giunto con decine di carri armati, i Markava tank, affiancati dai buldozzer necessari per squarciare gli stretti vicoli della citta` vecchia, demolendo interi edifici con famiglie all`interno, molte delle quali scomparse tra le macerie. Poi i soldati e i cecchini con i fucili di precisione, asserragliati nei palazzi piu` alti, per vigilare sul coprifuoco totale di quei giorni, e "sparare su ogni cosa in movimento", come ci racconta Firas. Oggi come allora, Firas e` un volontario del Medical Relief che guida l`ambulanza tra gli spari e le esplosioni per prestare soccorso ai feriti o raccogliere i cadaveri, spesso dopo delicate trattative con i militari tutt'altro che disposti a consentire il passaggio. Ci racconta come qualche settimana fa, durante una breve occupazione militare nel campo di Balata (25 mila persone in 1 chilometro quadrato), una donna sia stata colpita da un cecchino mentre si affacciava alla finestra. Il proiettile le ha attraversato il torace, passando a pochi centimetri dal cuore. Dopo il ricovero in ospedale, i militari hanno riconosciuto il loro sbaglio concedendo fosse trasferita in una clinica di Tel Aviv dove e` tuttora sotto osservazione, in condizioni critiche, a spese dei familiari. Impressionante ascoltare la descrizione delle tecniche di incursione dei soldati, i quali, per raggiungere il centro del campo sono soliti aprire dei fori nei muri con il martello o usando cariche esplosive, infilandosi poi nelle case per uscirne dall`altra parte, giungendo ad un nuovo muro da forare.. e cosi` via, sfasciando anche 30 abitazioni in una sola incursione. Tattica usata per sottrarsi alle sassaiole dei giovani, abituati a difendersi in questo modo dalle aggressioni, spesso a costo della vita. E` quasi un paradosso, uno dei piu` potenti eserciti della terra, munito di armi sofisticate e mezzi corazzati, messo in crisi da bande di ragazzi senza un futuro, armati di sassi e fionde.
"Negli ultimi 6 anni sono morte 975 persone a Nablus - spiega il Dottor Ghassan del Medical Relief, incontrato in mattinata -, oltre a 7000 feriti, 1000 dei quali hanno riportato disabilita` permanenti, anche molto gravi". Ascoltiamo con attenzione le sue parole e non possiamo che essere sdegnati, scoprendo come la crescente pressione militare in Nablus, sia stata accompagnata dall`uso di nuove armi, una sorta di bombe di precisione che lasciano ferite terribili, a causa di "particolari schegge mai viste prima, di un materiale quasi polveroso, in grado di spappolare gli organi interni e non rintracciabile ai raggi x".
Lasciata la clinica del centro entriamo a Balata, il piu` grande campo profughi della Cisgiordania settentrionale, dove centinaia di famiglie si ammassano in palazzi fatiscenti, distrutti e ricostruiti piu` volte, in seguito alle incursioni israeliane. Dopo una breve visita al centro giovanile, ci inoltriamo nel cuore del campo, percorrendo stretti viottoli che in alcuni casi non superano i 50 centimetri. Qui troviamo un groviglio di tubi, rifiuti e calcinacci, l`aria e` spesso irrespirabile per la costante mancanza di aerazione e sole, causa di svariate patologie che colpiscono soprattutto chi vive al pian terreno, nella semioscurita`.
Dopo due notti nella Testa del Serpente, ci convinciamo che il veleno e` frutto dell`occupazione, che stritola migliaia di esistenze, corrodendo l`economia, ostacolando gli spostamenti e alimentando la tensione nelle strade. Altrettanto disarmante l`ottimismo di alcuni, se non molti, convinti che la Palestina ce la fara`: "basta non lasciare le nostre terre e continuare a vivere ogni giorno senza fuggire. Questa e` la nostra resistenza!". Parola di Majdi.

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