Umberto De Giovannangeli , l'Unità, 7.11.07. Lancia messaggi concilianti. Parla Ismail Haniyeh, premier deposto di Hamas, che molti osservatori considerano il leader dell’ala pragmatica del movimento islamico palestinese. «Non abbiamo intenzione di conquistare la Cisgiordania con la forza. Non succederà», assicura Haniyeh nell’intervista concessa a l’Unità. Il leader di Hamas accusa l’Autorità nazionale palestinese di «assecondare l’assedio di Gaza» ma al tempo stesso apre al presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen): «Hamas è pronto a riprendere il dialogo politico con il presidente Abbas, senza precondizioni».
C’è chi sostiene che Hamas sta preparando un colpo di mano militare in Cisgiordania.
«È falso. Hamas non ha alcuna intenzione di conquistare con la forza la Cisgiordania».
Si diceva così anche per Gaza.
«Da tempo siamo favorevoli alla costituzione di una commissione d’inchiesta della Lega Araba che accerti la verità su ciò che è avvenuto 5 mesi fa».
E qual è la sua verità?
«Chi ha vinto le elezioni non ha alcuna ragione di imbastire un autogolpe. La verità è che siamo stati costretti ad agire per debellare il caos. E in questi 5 mesi abbiamo raggiunto importanti obiettivi».
Verità per verità: la realtà di Gaza raccontata all’Unità dal segretario generale aggiunto dell’Onu John Holmes e dall’inviato delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori, John Dugand, parla di una situazione gravissima per la popolazione civile.
«Questa situazione è conseguente alle restrizioni imposte da Israele: togliere il gas, la luce, il carburante, impedire il passaggio delle merci, sono crimini contro l’umanità, atti di terrorismo di Stato. Ma tutto ciò non oscura i risultati ottenuti in questi cinque mesi: il caos è calato del 90%, abbiamo riattivato il sistema giudiziario, ripreso l’attività parlamentare, il pagamento regolare degli stipendi a 17mila dipendenti statali e di sussidi a 60mila disoccupati, organizzato un sistema scolastico praticamente gratuito. E tutto questo dovendo far fronte all’assedio israeliano».
Assedio condannato dallo stesso Abu Mazen.
«A parole. Il presidente è impegnato nella preparazione di una Conferenza internazionale rispetto alla quale il nostro giudizio è decisamente negativo, ma questo è un altro discorso. Ad Abbas diciamo: hai un modo concreto per dimostrare la tua solidarietà alla gente di Gaza. Far dipendere la tua partecipazione alla Conferenza dalla fine dell’assedio di Gaza. Mi lasci aggiungere che di fronte ai crimini compiuti contro 1milione e 400 mila palestinesi è ingiustificabile l’atteggiamento di buona parte del mondo arabo che resta in silenzio di fronte all’assedio di Gaza. Ma chi pensa che infliggendo una punizione collettiva alla popolazione civile si indebolisca Hamas, commette un grave errore. Il risultato ottenuto è l’esatto opposto. Chi vuole affamare il popolo palestinese, pensando così di poterlo piegare, sottovaluta il nostro orgoglio e la nostra determinazione».
In precedenza, lei ha fatto riferimento alla Conferenza di Annapolis. Qual è il giudizio di Hamas?
«Quella Conferenza è una vetrina voluta da Bush per cercare di mascherare il fallimento della politica Usa in Medio Oriente, a cominciare dall’Iraq. Da Annapolis la causa palestinese non uscirà certamente rafforzata. Gli Stati Uniti non potranno garantire ai palestinesi quanto davvero desiderano: un ritiro totale e completo di Israele dai Territori. Israele parla di pace ma intanto continua a confiscare le terre palestinesi, a realizzare il Muro dell’apartheid in Cisgiordania, a infliggere odiose punizioni collettive alla popolazione civile di Gaza. Inoltre Olmert non ha alcuna intenzione di fare sostanziali aperture su questioni fondamentali come lo status di Al Quds (Gerusalemme, ndr.), i confini dell’ipotetico Stato palestinese e sul diritto al ritorno dei rifugiati».
Ma Hamas sa dire solo dei no?
«A Israele abbiamo proposto una tregua di lunga durata: 10-15 anni, e Israele sa che Hamas rispetta gli accordi. Una tregua legata alla fine dell’assedio di Gaza e degli assassinii di attivisti della resistenza, e alla liberazione dei prigionieri palestinesi».
Resta il nodo del riconoscimento di Israele.
«Non si può chiedere ad un popolo oppresso, assediato, di riconoscere il proprio oppressore. Il riconoscimento di Israele può essere parte di un serio negoziato e non la precondizione».
Israele sostiene che l’obiettivo strategico di Hamas è la distruzione dello Stato ebraico.
«L’obiettivo strategico di Hamas è realizzare uno Stato di Palestina indipendente sui territori occupati nel 1967, compresa Al Quds. Per questo abbiamo lottato e continueremo a farlo fino alla vittoria».
Nei giorni scorsi, Abu Mazen ha ricevuto a Ramallah, per la prima volta dal golpe di giugno, alcuni esponenti di Hamas in Cisgiordania. C’è chi ha parlato di una spaccatura all’interno di Hamas.
«Questo è un auspicio dei nostri nemici. Ma è destinato ad essere una illusione. In Hamas si discute, certamente, e questo è un segno di vitalità, ma sulle scelte che contano abbiamo dimostrato una coesione a prova di bomba. Ed è Hamas nella sua interezza che si rivolge ad Abu Mazen».
Con quale messaggio?
«Siamo pronti a riprendere un dialogo politico con Abu Mazen e Fatah, senza precondizioni».
Mentre si parla di pace, c’è chi sembra stia preparando una nuova guerra: quella contro l’Iran.
«Se ciò avvenisse, il Medio Oriente esploderebbe. Una guerra di aggressione contro l’Iran verrebbe vista come una dichiarazione di guerra contro tutti i movimenti di resistenza in Medio Oriente».
Anche contro Hamas?
«Sì, anche contro Hamas».
(ha collaborato Osama Hamdan)
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