Esplosero due intifada e tanti altri drammi. Ma il Medio Oriente nel frattempo è cambiato. L'emergere della minaccia iraniana ha creato nuovi schieramenti. Nuove alleanze di fatto. E vale l'insegnamento della "scuola del cimento": provando e riprovando. In questo caso con il coraggio e la ragione di due personaggi deboli, con alle spalle una santa alleanza, che era impensabile quando Rabin e Arafat, firmarono pure loro, quattordici anni fa, un assegno in bianco, rimasto tale.
mercoledì 28 novembre 2007
Un assegno in bianco
Bernardo Valli, la Repubblica, 28.11.07. Quello che [il palestinese Mahmud Abbas e l'israeliano Ehud Olmert] hanno firmato è un assegno in bianco perché né l'uno né l'altro hanno oggi la forza per condurre trattative che implicano enormi rinunce. Ehud Olmert è un primo ministro debole. Non solo impigliato personalmente in fastidiose questioni giudiziarie, ma anche contestato in seno alla sua coalizione di governo. I sondaggi d'opinione non gli lasciano scampo. In concreto ha soprattutto due enormi ostacoli da superare: l'opposizione dell'esercito, garante della sicurezza e quindi contrario a un ritiro dai territori occupati che, stando ai militari, potrebbe metterla in pericolo; e l'opposizione delle centinaia di migliaia di coloni (all'incirca mezzo milione, tra la zona di Gerusalemme e la Cisgiordania), che rifiutano di evacuare anche gli insediamenti ritenuti illegali dalle stesse autorità israeliane. E dovrebbero essere proprio i militari a sloggiarli. Senza contare l'inevitabile rinuncia a una parte di Gerusalemme, da tempo proclamata dalla Knesset capitale irrinunciabile dello Stato ebraico. Questi ostacoli, sommariamente riassunti, che Olmert deve superare in Israele, illustrano quelli che rischiano di paralizzare Abbas. Il quale non gode neppure lui di un grande prestigio in Palestina. Una Palestina frantumata dalla secessione di Gaza, controllata da Hamas. Il movimento islamico che rifiuta ogni concessione a Israele e può facilmente approfittare dei cedimenti del moderato e laico capo di Al Fatah. Il documento firmato in extremis non precisa i problemi che i negoziatori devono affrontare. Disegna soltanto la cornice entro i quali essi devono svolgersi. La decisione è saggia. La vaghezza era indispensabile. Ma rivela quanto sia fragile il progetto. Anche gli accordi di Oslo, nel 1993, lasciarono aperti i punti al momento irrisolvibili, pensando che col tempo sarebbe stato più facile affrontarli. Tutto però fallì.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento