venerdì 21 settembre 2007

Jeff Halper: "l'obiettivo di israele apatheid nei territori"

Alessandra Fava, il manifesto, 20/09/07. Un unico Stato per israeliani e palestinesi in una confederazione di stati mediorientali: questa, secondo l'antropologo e urbanista Jeff Halper, 61 anni, coordinatore del Comitato israeliano contro la demolizione delle case (Icahd), è l'unica strada affinché Israele diventi una vera democrazia. Abbiamo incontrato Halper prima di una conferenza a Palazzo Ducale organizzata dal Genoa Social Forum.Qui ha spiegato in che cosa consiste quella che lui chiama «disobbedienza civile pacifica»: ostacolare i Caterpillar che demoliscono le case palestinesi in Israele e nei territori occupati e rimetterle in piedi il più presto possibile.

Quali saranno le prossime mosse del suo Ichad?
Dal '67 a oggi sono state demolite 18mila case palestinesi. Da qui a giugno vogliamo ricostruirne 300 a Gerusalemme est e in Cisgiordania. Purtroppo non possiamo operare a Gaza perché non abbiamo possibilità d'accedere alla Striscia.
Pochi giorni fa alle Nazioni Unite a New York ha parlato di apartheid, così ha fatto l'editorialista del quotidiano Ha'aretz Danny Rubinstein a Bruxelles. Queste affermazioni possono influenzare l'opinione pubblica israeliana?
No. La gente è stata convinta dai suoi leader che non c'è soluzione politica al conflitto e in questo modo è stata delegittimata. Al momento Israele ha l'illusione di vincere: ha l'appoggio degli Usa, l'Europa è passiva, la Palestina isolata e ci sono accordi di pace con gli stati arabi confinanti. A questo punto solo una pressione internazionale può costringere Israele ad abbandonare l'occupazione.
Apartheid non è uno slogan. Prima di tutto c'è una separazione reale, infatti Israele chiama la sua politica hafradah (separazione in ebraico) e il muro viene definito barriera di separazione. In secondo luogo una popolazione domina l'altra. Terzo, Israele punta ad avere oltre l'80% del paese e a lasciare ai palestinesi piccoli cantoni frammentati da colonie, strade e presidi militari. Questo che cosa è se non apartheid?
Quindi è pessimista anche sulla prossima conferenza di pace a Washington a novembre…
Certo, passerà il progetto di uno stato palestinese transitorio che di fatto sarà uno stato virtuale senza confini, senz'acqua, senza un'economia, né un accesso vero a Gerusalemme. Però tutti saranno contenti e diranno che i palestinesi finalmente hanno uno stato. Di fatto ci stanno prendendo in giro come è successo con l'accordo di Oslo.
Durante la recente espulsione di alcune famiglie ad Hebron, a proposito dei soldati che si rifiutavano di eseguire gli ordini dell'Idf (l'esercito israeliano), si è parlato di «sionismo religioso». Che cosa ne pensa?
Il 40% dei soldati oggi si professa credente. Una volta la matrice laica era più marcata, tanta gente arrivava dai kibbutz. Negli ultimi tempi il paese va sempre più a destra, i religiosi si rafforzano e molti laici stanno lasciando il paese. Così i coloni diventano il mainstream e i soldati non li vogliono sgomberare.
Lo sgombero dell'avamposto di colonia di Migron (43 famiglie) costruito su terreni di proprietà araba sta per arrivare davanti alla Corte Suprema. Ma il Governo è riuscito a rimandare l'udienza. Come procede il cosiddetto piano di sgombero delle colonie?
Non penso che il Governo interverrà sulle colonie, farà piuttosto qualche gesto simbolico. Si parla di sgomberare 26 piccoli accampamenti, ma in Cisgiordania ce ne sono più di 100, quindi stiamo parlando di niente.
Negli ultimi tempi Lei promuove la soluzione di un unico Stato per palestinesi e
israeliani. Perché?
L'unico percorso per arrivare a una vera democrazia è un unico stato per i due popoli inserito in una confederazione di stati mediorientali (Israele, Libano, Siria, Giordania) qualcosa di simile all'Unione europea di 30 anni fa, con accordi per lo più economici che permettano l'esistenza degli stati e nello stesso tempo diano un'identità ai palestinesi, liberi di muoversi all'interno della confederazione. Ma non sarà più uno stato ebraico e per questo Israele e anche la comunità internazionale avversano fortemente questa ipotesi. D'altra parte è l'unica percorribile.
La soluzione di due popoli in due stati non è piu praticabile.

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