Amos Oz, Corriere della Sera, 21.11.07. La responsabilità principale di un progresso nella trattativa pesa sulle spalle del governo e dell’opinione pubblica israeliani perché è Israele ad avere il controllo dei territori palestinesi, non il contrario. Se Ehud Olmert sceglierà di concedere ai falchi della sua coalizione (o sarà costretto a farlo) la facoltà di arrestare l’intero processo di pace, il risultato sarà che, di qui a breve, avremo Netanyahu al governo. Ma non solo. Anche da parte palestinese gli estremisti avranno il sopravvento sui moderati e anziché con Abu Mazen ci troveremo a fare in conti con un fronte bellicoso nel quale sarà l’Iran a tirare i fili. Il banco di prova della leadership di Olmert non sarà il suo talento a barcamenarsi tra Lieberman ed Eli Yishai (il capofila della destra estrema e quello dell’ortodossia sefardita all’interno del suo esecutivo, ndt) ma la sua determinazione a perseguire un cambiamento storico. La destra radicale in Israele sostiene che Abu Mazen è troppo debole per concludere la pace. È la stessa destra che sosteneva che Arafat era troppo pericoloso per concludere la pace. La verità è che c’è un rapporto diretto tra l’indebolimento, o il rafforzamento, di Abu Mazen e i risultati del suo approccio moderato in un negoziato con Israele. Il presidente palestinese rimarrà debole fintanto che lo indeboliremo non concedendogli di ottenere risultati concreti. Cosa succederà se l’attuale negoziato dovesse fallire? In quel caso la soluzione di due Stati per due popoli potrebbe sfumare per sempre e saremo costretti a scegliere tra due catastrofi di proporzioni storiche: un unico Stato (nel quale gli arabi saranno quasi la maggioranza) tra il Giordano e il mar Mediterraneo, o un governo di apartheid «all’israeliana» che perpetuerà gli insediamenti e opprimerà con la forza i palestinesi i quali, a loro volta, continueranno a ribellarsi all’occupazione. Dobbiamo andare ad Annapolis e da lì proseguire, consapevoli che i due popoli già sanno, più o meno, quale sarà l’accordo finale: uno Stato palestinese entro i confini del 1967 a fianco di quello ebraico, con alcune modifiche di confine, senza il ritorno dei profughi in Israele e Gerusalemme capitale dei due Stati. Tutti lo sanno, anche gli oppositori sui due fronti. Il paziente—Israele e i palestinesi— è già quasi pronto per l’intervento. Ma i medici si mostreranno abbastanza coraggiosi?
Traduzione di Alessandra Shomroni © Amos Oz 2007
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