Michele Giorgio, il manifesto, 04/09/07. Pressato dai vertici del suo partito, che lo accusavano di non aver preso una posizione ferma sullo scontro in atto con Hamas, Marwan Barghuti, il leader più popolare di Fatah e «comandante dell'Intifada», dalla prigione israeliana dove sconta una condanna a cinque ergastoli, domenica sera è uscito allo scoperto condannando la presa del potere di Hamas a Gaza, e aggiungendo di temere che «la pugnalata alle spalle» inferta dal movimento islamico, possa ripetersi in Cisgiordania ["By building a network of settlements and a network of 'bypass' roads around all the Palestinian towns and villages, Israel has ensured effective control of the entire [area] – and of the lives of more than two million Palestinians who live there.". Amnesty International]. Barghuti peraltro ha dovuto dare pieno sostegno all'idea di elezioni anticipate nei Territori occupati, quale unica strada per uscire dalla crisi, proprio nel giorno in cui il presidente Abu Mazen ha annunciato una nuova legge elettorale volta a favorire il suo partito, il Fatah, che impone a ogni candidato di «rispettare il programma dell'Olp», organizzazione di cui non fa parte Hamas. Si tratta di una legge anti-democratica, perché vuole escludere una forza politica che gode di ampio consenso non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania. Il gruppo dirigente di Fatah sogna il voto anticipato ma vuole esser sicuro di vincere e così la futura legge elettorale stabilisce che i cittadini saranno chiamati a esprimere la loro preferenza soltanto per le liste nazionali dei partiti e che sarà abolito il voto distrettuale. Tuttavia solo il Parlamento ha l'autorità di emendare la legge elettorale e visto che l'assemblea palestinese è dominata dai deputati della lista islamica, Abu Mazen non potrà che far uso continuo di decreti, compiendo abusi e violazioni della legalità.
Hamas non resta a guardare. A Gaza ormai è in atto quella che viene chiamata «la guerra della preghiera» e il movimento islamico ha deciso di vietare i riti all'aperto, dopo che per due venerdì consecutivi manifestanti di Fatah si sono riuniti per pregare all'esterno delle moschee - ufficialmente per non ascoltare i sermoni anti-Abu Mazen pronunciati dagli imam di Hamas - prima di dar vita a proteste, subito represse dalla Forza esecutiva di Hamas (venerdì scorso ci sono stati oltre venti feriti e decine di arresti). «Le preghiere pubbliche volute da Fatah non sono serie, comprendono un comportamento ridicolo da parte dei fedeli che non vengono per pregare ma per compiere disordini e violare la legge», ha spiegato Hamas in un comunicato. Salta all'occhio però il dato non secondario che proprio un movimento islamico ha vietato la libertà di preghiera in qualsiasi luogo che l'Islam garantisce al musulmano.
Intanto ieri sera a Ramallah, prima tappa del tour che lo porterà oggi in Egitto e domani in Israele, il ministro degli esteri Massimo D'Alema ha espresso il sostegno del governo italiano a quello che ha descritto come «lo sforzo che si va compiendo per aprire nuove prospettive di pace». D'Alema pur affermando la ricostituzione su «basi giuste» dell'unità nazionale palestinese, è stato chiaro nell'affermare che la sua visita è di aperto sostegno ad Abu Mazen e ha chiarito che la politica italiana verso Hamas non cambia, resta ancorata a quella europea e alle condizioni poste dal Quartetto, nonostante le timide aperture fatte nelle scorse settimane al movimento islamico dal Presidente del Consiglio Prodi.
mercoledì 5 settembre 2007
Barghuti si schiera contro Hamas
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