mercoledì 1 agosto 2007

Gaza a tutto gas: grazie all'inviato di pace Blair finirà agli israeliani tutto il petrolio palestinese

Michele Giorgio. il manifesto. 31/07/07. Quasi pronto l'accordo tra Olmert, Anp e British gas: ad Ashqelon il greggio della Striscia. Tel Aviv pagherà poco e potrà chiudere i rubinetti quando vorrà. Blair che anni fa seguì con attenzione la firma dell'accordo tra Anp e BG, ora non ha mosso un dito per suggerire cambiamenti che consentano ai palestinesi di incassare di più dal gas di Gaza. Presto il governo di Ehud Olmert, la BG e l'esecutivo del premier Salam Fayyad, firmeranno un accordo che di fatto metterà a disposizione di Israele energia a basso costo e, soprattutto, la possibilità di bloccare i fondi palestinesi, così come già fa nel caso delle entrate derivanti da dazi doganali e dall'Iva che raccoglie alle frontiere per conto dell'Anp. La BG infatti indirizzerà il piccolo gasdotto verso Ashqelon e Ashdod, rendendo così Israele l'unico acquirente del gas palestinese. Gaza sarà evitata e con essa il movimento islamico Hamas che la controlla dal 15 giugno. Ed è ovvio che, dovessero esplodere in futuro nuove rivolte palestinesi o incrinarsi i rapporti con Abu Mazen, Israele avrà la facoltà di sospendere subito il pagamento della bolletta del gas ricevuto dai palestinesi. Nel frattempo indiscrezioni di stampa riferiscono che dietro l'accordo si nascondano personaggi dalla fama non proprio limpida, come l'ex consigliere economico della presidenza dell'Anp, Mohammed Rashid (amico dell'ex «uomo forte» di Gaza Mohammed Dahlan) e Yossi Maimanm, un ex agente del Mossad ora a capo della compagnia israeliana che riceverà e distribuirà il gas palestinese.

Tony Blair, in qualità di nuovo inviato del Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Onu e Ue) ha cominciato a lavorare ad un piano «economico di pace», informava un paio di giorni fa il quotidiano Maariv di Tel Aviv. L'ex premier britannico avrebbe in mente un incontro tra 100 uomini d'affari israeliani e palestinesi per dare vita ad una «imprenditoria di pace». Si tratta di un'idea che, dicono, piace al premier israeliano Olmert. Difficile dire quanto al presidente dell'Anp Abu Mazen. Tuttavia è poca cosa e sarebbe stato molto meglio affrontare subito il tema dello sviluppo e della «liberazione» dell'economia palestinese, strangolata dall'occupazione militare. Delle riserve di gas naturale di Gaza, ad esempio. Una ricchezza che potrebbe garantire ad una delle aree palestinesi più povere, diverse centinaia di posti di lavoro e salari per i prossimi anni.
Ma l'inviato del Quartetto ha un'idea ben diversa dello sfruttamento dei giacimenti del gas di Gaza - che vede coinvolta la BG (British Gas) Group - che non va nella direzione di garantire i diritti del popolo in possesso di questa eccezionale risorsa. Blair che anni fa seguì con attenzione la firma dell'accordo tra Anp e BG, ora non ha mosso un dito per suggerire cambiamenti che consentano ai palestinesi di incassare di più dal gas di Gaza. Presto il governo di Ehud Olmert, la BG e l'esecutivo del premier Salam Fayyad, firmeranno un accordo che di fatto metterà a disposizione di Israele energia a basso costo e, soprattutto, la possibilità di bloccare i fondi palestinesi, così come già fa nel caso delle entrate derivanti da dazi doganali e dall'Iva che raccoglie alle frontiere per conto dell'Anp. La BG infatti indirizzerà il piccolo gasdotto verso Ashqelon e Ashdod, rendendo così Israele l'unico acquirente del gas palestinese. Gaza sarà evitata e con essa il movimento islamico Hamas che la controlla dal 15 giugno. Ed è ovvio che, dovessero esplodere in futuro nuove rivolte palestinesi o incrinarsi i rapporti con Abu Mazen, Israele avrà la facoltà di sospendere subito il pagamento della bolletta del gas ricevuto dai palestinesi.
Il giacimento marino di Gaza - quasi 300 miliardi di metri cubi - fu scoperto dalla BG Group all'inizio degli anni 90. Israele scattò subito in piedi e affermò che si estendeva anche alle sue acque regionali e quindi chiese la sua «parte». Gli studi internazionali invece provarono che il giacimento era interamente in acque palestinesi. Un colpo allo stomaco di Tel Aviv che la BG attenuò offrendo di destinare il gas a Israele e in minima parte alla centrale elettrica di Gaza. La BG però rifiutò l'offerta israeliana di 53 centesimi di dollaro per barile di petrolio equivalente - un prezzo minimo se si tiene presente quello che è attualmente il costo del greggio e del gas sul mercato mondiale - e minacciò di vendere il gas agli egiziani. Tony Blair intervenne per bloccare le intenzione della BG e per rimettere tutto «in ordine». Divenuto inviato del Quartetto, Blair non muove un dito per consentire ai palestinesi di trarre maggior beneficio dall'unica risorsa energetica sulla quale possono contare.
Interrotti i colloqui con gli egiziani, lo scorso aprile la BG ha accettato la seconda offerta di Israele: 77 centesimi di dollaro. Lo Stato ebraico importerà 1,6 milioni di metri cubici l'anno per 15 anni del gas palestinese che raggiungerà i depositi israeliani ad Ashdod attraverso un condotto marino.
Per Israele è un accordo eccezionalmente buono. Il gas palestinese soddisferà il 10% del suo fabbisogno energetico ad un prezzo inferiore del 50% di quello che avrebbero dovuto pagare, ad esempio, per il gas del vicino Egitto. Del valore complessivo del gas, 4 miliardi di dollari, l'Anp invece vedrà solo le briciole: secondo alcune stime, appena 100 milioni di dollari l'anno in royalty per la sua quota nel progetto. Soldi che peraltro finiranno in un conto bancario internazionale e non direttamente nelle casse dell'Anp, mentre alcuni esperti palestinesi avevano suggerito la creazione di un fondo di sviluppo per progetti infrastrutturali in Cisgiordania e Gaza.
Nel frattempo indiscrezioni di stampa riferiscono che dietro l'accordo si nascondano personaggi dalla fama non proprio limpida, come l'ex consigliere economico della presidenza dell'Anp, Mohammed Rashid (amico dell'ex «uomo forte» di Gaza Mohammed Dahlan) e Yossi Maimanm, un ex agente del Mossad ora a capo della compagnia israeliana che riceverà e distribuirà il gas palestinese.

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