Muhammad, di Jabaliya, ci dice che non gli importa chi paga il suo stipendio, se Abu Mazen, Hamas, l’Iran o Israele. Per lui, l’unica cosa che conta è che i soldi arrivino e gli permettano di comprare da mangiare ai suoi figli.
Intanto il potere di Hamas a Gaza si stabilizza, in parte grazie ai soldi che Israele ha trasferito ad Abu Mazen che a sua volta versa soldi a più di 100.000 abitanti di Gaza sotto forma di stipendi mensili. Hamas si sta muovendo con accortezza. Legge e ordine tendono a imporsi, non si vedono più tutte quelle armi per le strade a parte quelle in mano alle forze “governative”, e non si vedono faide di clan. Persino le bancarelle del mercato in Piazza Palestina sono state rimosse e il traffico fluisce. L’introduzione dell’islam da parte del regime viene attuata in modo graduale, ma costante e con determinazione. Anche Hamas non manca di mezzi finanziari, e riempie le tasche dei suoi nuovi sostenitori con assistenza e aiuti.
Gli abitanti di Gaza si sono abituati a Hamas e non sentono la mancanza dei corrotti funzionari di Fatah. Più di ogni altra nazione, i palestinesi sono capaci di adattarsi rapidamente a mutate circostanze. Uno dei leader della generazione di transizione di ciò che resta di Fatah, e che preferisce restare anonimo, ci dice con grande tristezza: “La Wakseh ci ha ributtato indietro di cinquant’anni. La speranza nazionale è perduta. Questi sono giorni di lutto”.
testo integrale (Da: YnetNews, 27.07.07)
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