sabato 8 dicembre 2007

Nuovi insediamenti, assedio a Gaza, uccisioni mirate sono atti di guerra, non di pace

Luisa Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo, Roma, 7 dicembre 2007
Le piccole speranze di Annapolis sono cancellate dalla politica israeliana di punizione collettiva e dagli insensati lanci di razzi da gruppi estremisti palestinesi. Tutto questo accade immediatamente dopo la Conferenza di Annapolis, che tra l'atro non ha portato a negoziati finali ma solo a una dichiarazione comune per i negoziati. Il Governo Israeliano non ha perso tempo e ha annunciato l'espansione di insediamenti a Gerusalemme Est e ogni giorno i Palestinesi vengono uccisi dall’esercito israeliano o da squadre segrete: nella scorsa settimana 27 Palestinesi sono stati uccisi dai raid israeliani nella Striscia di Gaza e molti altri nella West Bank. E che dire delle chiusure, dei check point, della confisca di terre, dell'assoluta mancanza di libertà di movimento per i feriti e i malati sia in Cisgiordania che a Gaza, o ancora dei molti Palestinesi arrestati e che raggiungeranno gli oltre undicimila prigionieri politici? Queste parole, questi atti sono per la pace? No. Il piano israeliano di costruire più di 300 nuove case a Har Homa, un insediamento costruito dopo gli accordi di Oslo sulla terra confiscata ai villaggi vicino a Betlemme, come Beit Sahour, e considerata dalla politica di annessione di Israele parte della "Grande Gerusalemme", distrugge drammaticamente i recenti e rinati negoziati di pace di Annapolis ma anche il prossimo incontro che si dovrebbe tenere il 12 dicembre.

Prima di quello che è ora l'orrendo blocco di cemento dell'insediamento, c'era una fantastica collina verde che i Palestinesi chiamavano Jabal Abu Ghneim. Ora, le nuove costruzioni, che peraltro non rispondono neppure a una crescita demografica dell'insediamento dato che molte case già costruite rimangono invendute e vuote, rappresentano davvero un atto di guerra.

Il solo modo per creare una pace duratura è porre fine ai 40 anni di occupazione militare israeliana sulla Cisgiordania e a Gaza è mostrare fatti e atti concreti che producano subito cambiamenti reali nella vita quotidiana dei Palestinesi.

Il Governo israeliano dichiara di volere la pace e noi vogliamo credergli, ma da quello che si può vedere fa il contrario, continuando a seguire la via della violenza e dell'illegalità e dimenticando che nella Conferenza di Annapolis entrambe le parti erano concordi nel basare i loro negoziati sulla road map, in cui si dichiara di congelare l'espansione delle colonie e di porre fine alla violenza. L'attuale Ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, che non ha condiviso le scelte di Rabin a Oslo, continua a fare l'opposto di quello che Annapolis vorrebbe far credere, preparando piani per una massiccia aggressione militare contro la Striscia di Gaza e dichiarando che gli insediamenti in Cisgiordania non si bloccheranno.

Da parte sua, l'Autorità Palestinese non può fare di più. I gruppi estremisti che lanciano razzi da Gaza devono essere fermati ma questi non sono sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.

Se il Presidente Mahmoud Abbas, che ha già scelto la via della non violenza, non mostrerà subito un reale cambiamento nella vita quotidiana dei Palestinesi e che le loro vite non saranno mai più assoggettate all'esercito israeliano, verrà sicuramente delegittimato e negato dalla sua popolazione.

Come si può far credere ai Palestinesi (ma anche a noi) che il Governo israeliano vuole la pace se le sue politiche continuano a mantenere il blocco alla Striscia di Gaza, a spargere terrore con i raid, a praticare punizioni collettive e non c'è nessuna libertà di movimento per persone e merci? Persino ai malati non è concesso di attraversare i confini, in oltre 900 sono in attesa del permesso di lasciare la Striscia (Palestinian Medical Relief) per accedere a cure specializzate, in Egitto o nella West Bank, inesistenti a Gaza dove gli ospedali scarseggiano anche di medicine e strumenti di base e sono stati costretti negli ultimi giorni a spegnere i generatori elettrici di emergenza, a causa del "disastro umanitario" dovuto alla forte riduzione da parte di Israele di rifornimenti di carburante e all'assedio più totale.

Anche se la dichiarazione congiunta di Annapolis ha praticamente escluso l’Unione Europea, l'Onu, il Quartetto e i Governi Arabi, stabilendo che gli Stati Uniti hanno la responsabilità di vigilare sull’applicazione dei negoziati, l'intera Comunità Internazionale deve avere un ruolo politico negli accordi, condannando fortemente ogni ostacolo ai negoziati e rafforzando ogni segnale di pace, cominciando dalla fine dell'assedio di Gaza, così come già richiesto dal Parlamento Europeo l'11 Ottobre con una risoluzione che chiede al Governo israeliano di rimuovere il blocco alla Striscia di Gaza e di adempiere agli obblighi internazionali nel rispetto delle Convenzioni di Ginevra".

Per informazioni Luisa Morgantini 0039 348 39 21 465 o Francesca Cutarelli 0039 340 56 49 335

luisa.morgantini@europarl.europa.eu www.luisamorgantini.net

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