David Grossman, 9.11.07. L0 scrittore israeliano alla consegna di un premio si è rifiutato di stringere la mano al premier Olmert ed al presidente della Corte suprema di Israele. Pubblichiamo il discorso dello scrittore in onore di Rabin. Da più di un secolo ormai viviamo in uno stato di conflitto. Noi, cittadini di questo conflitto, siamo nati nella guerra, siamo stati educati nella guerra e, in un certo senso, siamo stati programmati per la guerra. Forse per questo pensiamo talvolta che questa follia in cui viviamo ormai da cento anni sia l´unica, vera realtà. L´unica vita destinata a noi e che non abbiamo la possibilità, o forse neppure il diritto, di aspirare a una vita diversa: vivremo e moriremo con la spada e combatteremo per l´eternità.
Forse per questo siamo così indifferenti al totale ristagno del processo di pace. Forse per questo la maggior parte di noi ha accettato con indifferenza il rozzo calcio sferrato alla democrazia dalla nomina di Avigdor Lieberman a ministro, un potenziale piromane posto a capo dei servizi statali responsabili di spegnere gli incendi. Questi sono anche, in parte, i motivi per cui, in tempi brevissimi, Israele è precipitato nell´insensibilità, nella crudeltà, nell´indifferenza verso i deboli, verso i poveri, verso chi soffre, verso chi ha fame, verso i vecchi, i malati, gli invalidi, il commercio di donne, lo sfruttamento e le condizioni di schiavitù in cui vivono i lavoratori stranieri e verso il razzismo radicato, istituzionale, nei confronti della minoranza araba. Quando tutto questo accade con totale naturalezza, senza suscitare scandali né proteste, io comincio a pensare che anche se la pace giungerà domani, anche se un giorno torneremo a una situazione di normalità, abbiamo forse già perso l´opportunità di guarire.
Per una volta tanto guardi i palestinesi, signor Olmert, non attraverso il mirino di un fucile o da dietro le sbarre chiuse di un check point. Vedrà un popolo martoriato non meno di noi. Un popolo conquistato, oppresso e senza speranza. È ovvio che anche i palestinesi sono colpevoli del vicolo cieco in cui ci troviamo. È ovvio che anche loro sono ampiamente responsabili del fallimento del processo di pace. Ma li guardi un momento con occhi diversi. Non solo gli estremisti fra loro. Non solo chi ha stretto un patto di interesse con i nostri estremisti. Guardi la maggior parte di questo povero popolo il cui destino è legato al nostro, che lo si voglia o no.
Si rivolga ai palestinesi, signor Olmert, non continui a cercare ragioni per non dialogare con loro. Ha rinunciato all´idea di un nuovo ritiro unilaterale, e ha fatto bene. Ma non lasci un vuoto che verrebbe immediatamente colmato dalla violenza e dalla distruzione. Intavoli un dialogo. Avanzi una proposta che i moderati (e fra loro sono più di quanto i media ci mostrino) non possano rifiutare. Lo faccia, in modo che i palestinesi possano decidere se accettarla o se rimanere ostaggi dell´Islam fanatico. Presenti loro il piano più coraggioso e serio che Israele è in grado di proporre. La proposta che agli occhi di ogni israeliano e palestinese sensato contenga il massimo delle concessioni, nostre e loro. Non stia a discutere di bazzecole. Non c´è tempo. Se tentennerà, fra poco avremo nostalgia del dilettantismo del terrorismo palestinese. Ci batteremo il capo urlando: come abbiamo potuto non fare ricorso a tutta la nostra elasticità di pensiero, a tutta la creatività israeliana, per strappare i nostri nemici dalla trappola in cui si sono lasciati cadere?
Proprio come ci sono guerre combattute per mancanza di scelta, c´è anche una pace che si rincorre per "mancanza di scelta". Non abbiamo scelta, né noi né loro. E dobbiamo aspirare a questa pace forzosa con la stessa determinazione e creatività con cui partiamo per una guerra forzosa. Perché non c´è scelta e chi ritiene che ci sia, che il tempo giochi a nostro favore, non capisce i processi pericolosi in cui già ci troviamo.
E più in generale, signor Primo Ministro, forse dovremmo rammentarle che se un qualsiasi leader arabo invia segnali di pace – anche impercettibili e titubanti – lei ha il dovere morale di rispondere. Ha il dovere di verificare immediatamente l´onestà e la serietà di quel leader. Deve farlo per coloro ai quali chiede di sacrificare la vita nel caso scoppi una nuova guerra. E quindi, se il presidente Assad dice che la Siria vuole la pace – per quanto lei non gli creda e tutti noi nutriamo sospetti nei suoi confronti – deve offrirgli di incontrarlo subito. Senza aspettare nemmeno un giorno. In fondo, non ha aspettato nemmeno un´ora a dare inizio all´ultima guerra. Si è lanciato nell´offensiva con tutte le sue forze. Con tutte le armi a disposizione e tutta la loro potenza distruttiva. Allora perché quando c´è un segnale di pace lei si affretta a respingerlo, a lasciarlo svanire? Cos´ha da perdere? Nutre forse dei sospetti nei confronti del presidente siriano? Allora gli presenti delle condizioni tali da rivelare la sua macchinazione. Gli proponga un processo di pace che duri qualche anno e alla fine del quale, se tutte le condizioni e le restrizioni verranno rispettate, gli verranno restituite le alture del Golan. Lo costringa al dialogo. Agisca in modo che nella coscienza del popolo siriano si delinei anche questa possibilità. Dia una mano ai moderati, che sicuramente esistono anche lassù. Cerchi di plasmare la realtà, non di esserne solo un collaborazionista. È stato eletto per questo. Esattamente per questo.
E in conclusione. È ovvio che non tutto dipende da noi e ci sono forze grandi e potenti che agiscono in questa regione e nel mondo e alcune di loro – come l´Iran e come l´Islam radicale – non hanno buone intenzioni nei nostri confronti. Eppure molto dipende da come agiremo noi, da ciò che saremo. Attualmente non esiste grande disparità tra la sinistra e la destra. La stragrande maggioranza degli israeliani capisce ormai – per quanto alcuni senza troppo entusiasmo – quale sarà a grandi linee la soluzione del conflitto: questa terra verrà divisa, sorgerà uno stato palestinese. Perché, quindi, continuare a sfibrarci in una querelle intestina che dura da quasi quarant´anni?! Perché la dirigenza politica continua a rispecchiare le posizioni dei radicali e non quelle della maggior parte degli elettori? Dopo tutto la nostra situazione sarebbe migliore se raggiungessimo un´intesa nazionale prima che le circostanze – pressioni esterne, una nuova Intifada o una nuova guerra – ci costringano a farlo. Se lo faremo risparmieremo anni di versamenti di sangue e di spreco di vite umane. Anni di terribili errori.
Mi appello a tutti, ai reduci dalla guerra che sanno che dovranno pagare il prezzo del prossimo scontro armato, ai sostenitori della destra, della sinistra, ai religiosi e ai laici: fermatevi un momento, guardate l´orlo del baratro, pensate a quanto siamo vicini a perdere quello che abbiamo creato. Domandatevi se non sia arrivata l´ora di riscuoterci dalla paralisi, di fare una distinzione tra ciò che è possibile ottenere e ciò che non lo è, di esigere da noi stessi, finalmente, la vita che meritiamo di vivere."
* Discorso di David Grossman in ricordo di Yitzhak Rabin
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